La strada, poi la denuncia Fermati i suoi sfruttatori
Tre connazionali l’hanno fatta prostituire a 16 anni. Ma lei ha denunciato
La Squadra mobile ha arrestato due donne e un uomo nigeriani per sfruttamento della prostituzione e immigrazione clandestina, sono indagati anche per tratta di esseri umani. A denunciarli una 19enne portata in Italia con la promessa di un lavoro quando aveva solo 16 anni.
Aveva 16 anni Sunday (il nome è di fantasia, ndr) quando è stata costretta per la prima volta a prostituirsi in via Marco Emilio Lepido. Era arrivata dalla Nigeria a Bologna con la promessa di un lavoro come collaboratrice domestica, invece è finita subito in strada per ripagare il debito con i suoi sfruttatori: 35.000 euro.
Ma dopo un anno e mezzo ha trovato il coraggio di ribellarsi e grazie alla sua denuncia due giorni fa la Squadra mobile ha arrestato tre persone: le due sorelle nigeriane, Mabel Ohionmwonbar e Mary Odia, 24 e 36 anni, e il loro connazionale Frank Agbai, 38, con l’accusa di sfruttamento della prostituzione e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, indagati anche per tratta di esseri umani. L’ordinanza è stata emessa dal gip Letizio Magliaro su richiesta del pm della Dda Stefano Orsi.
A maggio di un anno fa, con l’aiuto dei volontari della onlus Albero di Cirene, che ha un’unità di strada che incontra
Il racconto della vittima In Africa mi avevano proposto un lavoro da domestica qui, ma non l’ho mai fatto Armeni (Mobile) È stato fondamentale il ruolo della onlus Albero di Cirene: l’hanno convinta a denunciare La vittima Mi portarono in una casa dove c’erano anche dei bambini, pensai che avrei dovuto lavorare lì Dopo un po’ mi dissero che dovevo prostituirmi anche di notte, io risposi che ero molto stanca e allora mi presero a schiaffi
ogni sera centinaia di donne, Sunday va in Questura e denuncia tutto. «Il suo racconto è stato molto puntuale, cosa che non sempre succede. I dettagli raccontati sono stati riscontrati e verificati tutti», ha spiegato il dirigente Luca Armeni, che ha coordinato le indagini con la dirigente della sezione criminalità straniera Claudia Storto. «Il ruolo della onlus — ha proseguito Armeni — è stato fondamentale, sono le onlus che avvicinano le ragazze e possono far capire loro che c’è una speranza».
Sunday il coraggio l’ha trovato quando la sua sfruttatrice e la sorella sono andate in Austria. La giovane ha fotografato un loro documento ed è andata alla polizia con i volontari della onlus a cui ha indicato le utenze telefoniche da intercettare, i soldi consegnati nel tempo a Mabel, 29.000 euro che aveva minuziosamente annotato su un taccuino. Almeno dieci uomini al giorno per un anno e mezzo hanno posseduto il suo corpo: ogni giorno dalle 9.30 alle 18 la trovavano in viale Lepido o in via Rigosa. «Dopo un po’ di tempo Mabel mi disse che avrei dovuto lavorare anche di notte, ma io risposi che non ce la facevo fisicamente e lei mi diede uno schiaffo».
In Italia la 16enne è arrivata imbarcandosi con un gommone dalla Libia, dove l’aveva portata Frank Agbai. «Quando è venuto a casa nostra a proporci il lavoro da domestica al prezzo di 35.000 euro io e mia madre non sapevamo quanti soldi fossero». In Libia aspetta venti giorni ammassata in un capannone con altre centinaia di persone, quando arriva in Sicilia dice di essere maggiorenne, viene trasferita in un centro d’accoglienza di Napoli e tramite altri nigeriani viene messa in contatto con Mabel che la porta a vivere in un appartamento a Castelfranco, con la sorella Mary, che sfruttava altre due ragazze, e un’altra famiglia di nigeriani con due bimbi. «Quando sono arrivata credevo fosse la famiglia per cui dovevo lavorare, ma mi accorsi che le altre due ragazze si preparavano per uscire in abiti succinti e capii che qualcosa non andava. L’8 settembre 2015 ho iniziato a prostituirmi». Per soggiogarla la sua sfruttatrice minacciava che alla famiglia rimasta in Nigeria qualcuno avrebbe fatto del male. Anche a Sunday era stato fatto il rito juju: una magia nera usata in Nigeria per soggiogare le vittime di tratta. Ma la giovane ha trovato ugualmente il coraggio di scappare. Andreina Baccaro