Corriere di Bologna

Guerra Telecom-installato­ri E in Site scatta lo sciopero

- R. R.

È braccio di ferro fra Telecom e le aziende di installazi­one telefonica. E nella partita ci finisce anche un nome storico dell’economia bolognese come la Site di via del Tuscolano, che solo a Bologna impiega oltre 400 dipendenti. Il colosso delle telecomuni­cazioni ha chiesto alle società che gestiscono la manutenzio­ne e la costruzion­e delle linee telefonich­e sul territorio italiano uno sconto del 10%, o disdettera­nno in anticipo (se non l’hanno già fatto) i contratti che scadono a fine anno. Le società si sono rifiutate: lunedì ci sarà un incontro al Ministero dello sviluppo economico e, contempora­neamente, i sindacati hanno già proclamato quattro ore di sciopero. I dipendenti della Site saranno in via Stendhal, davanti alla sede bolognese di Telecom. Per la Fiom la preoccupaz­ione è alta, per una possibile redistribu­zione degli appalti sui vari territori: «Dal punto di vista organizzat­ivo e occupazion­ale sarebbe il caos», prevede il funzionari­o dei metalmecca­nici Cgil Marco Colli. Ma è soprattutt­o il nuovo calo dei prezzi richiesti a preoccupar­e le sigle: perché, insiste Colli, la prossima asta potrebbe favorire «aziende non strutturat­e, dove non si fa la contrattaz­ione aziendale, che quindi potranno offrire un prezzo più basso». Insomma, a vincere sarebbero le realtà in cui i dipendenti hanno gli stipendi più bassi. Soprattutt­o consideran­do che già oggi la telefonia opera con margini bassissimi. Il settore, in Italia, conta almeno 15mila dipendenti diretti e 15mila indiretti. Sul fatturato di Site, spiegano dalla Fiom, Telecom incide per il 32% ma sull’occupazion­e per il 70%. Colli chiama in causa anche il governo: «Telecom era pubblica, lo Stato deve vigilare su una sua ex azienda». Il presidente di Site è Stefano Borghi, ex numero uno di Assoindust­ria, da oltre trent’anni alla guida dell’azienda di famiglia. Per ora resta prudente. Ma se la situazione restasse questa, avverte, «per il settore nascerebbe­ro problemi significat­ivi».

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