«La Casa dei suoni», magia per bimbi
Al Laboratorio delle Arti lo spettacolo tratto dal libro di Abbado
Tutto nasce da un «padre violino» e da una «madre pianoforte». La musica risuona in casa del piccolo Claudio Abbado fin dalla nascita e lo rapisce come una favola. E lui da grande, ormai uno dei direttori d’orchestra più affermati del mondo, quella magia che lo ha nutrito, nella quale è cresciuto, la racconta in un libro illustrato per bambini, La
Casa dei suoni (edizioni Babalibri). Ora quel volumetto colorato è diventato uno spettacolo grazie a Baby BoFe’. Da oggi (alle 18 e alle 20.30) a martedì 20 (con vari orari) si potrà entrare nella casa incantata di Abbado, accompagnati da musiche di Bach, Mozart, Beethoven, Rossini, Verdi, Mahler, Brahms, Debussy, Bartók. La Casa dei suoni più che andare in scena accoglierà i suoi visitatori-ascoltatori nel teatro del Laboratorio delle Arti, in via Azzo Gardino 65/a (ingresso 10 euro, info www.bolognafestival.it). Sarà un’esperienza, un viaggio, un’avventura nel mondo infinito della musica. Ci saranno giovani attori della scuola Alessandra Galante Garrone, in un ambiente particolare, coordinato dal regista Emanuele Gamba e costruito da un «elfo» artigiano del teatro come Roberto Abbiati, uno capace di trasportarti nei marosi di Moby Dick con un bicchiere d’acqua e di farti sognare l’Africa dagli sportellini di un mobile.
Scrive Maddalena da Lisca, direttore generale di Bologna Festival. «La nuova produzione sul libro è un progetto che accarezziamo da tempo e che finalmente trova ora le condizioni per realizzarsi. È un omaggio all’impegno costante che Abbado ha dedicato, con entusiasmante energia, ai giovani e giovanissimi, volendoli rendere partecipi delle sue esperienze, delle sue prime emozioni musicali». Il progetto si è realizzato grazie a Università e Teatro Comunale, con il contributo della Fondazione Claudio Abbado.
Il regista racconta la prima sensazione provata leggendo questa fiaba meravigliosa: «La Casa dei suoni è per me la storia di una casa magica, tutta fatta di musica, poggiata su fondamenta di note, traversata e abitata da funamboli del pentagramma come Mozart, Beethoven, Rossini, Mahler... autentici, pericolosi e sovversivi partigiani della bellezza. Da questa prima impressione è nata l’idea di accogliere il pubblico in uno spazio giocosamente ispirato a quella casa milanese degli anni 30 dove Claudio nacque e crebbe; una casa dove suoni, immagini e parole si intrecceranno per raccontare un amore “a prima vista” o meglio sarebbe dire “a primo ascolto”: è infatti quel primo ascolto del Debussy delle Feste che spinge Claudio bambino a scrivere sul suo diario che quello soltanto avrebbe voluto fare nella sua vita, il direttore d’orchestra».
Uno spettacolo che è un po’ anche un’installazione, «per allenare e dare fiducia a quell’attitudine non frequentissima nell’uomo di stare in ascolto ed accogliere l’ altro e il diverso, sia esso una composizione “difficile” di Luigi Nono o un vicino che ci parla una lingua sconosciuta».