Corriere di Bologna

L’ipocrisia smascherat­a

- di Roy Menarini

Ècosa nota che in Francia il cinema d’autore stia meglio che in Italia. Sai che fatica, si dirà: con un passato come quello della Nouvelle Vague si vive di rendita per decenni. All’opposto, invece, guardando ai cinepanett­oni d’Oltralpe, la raffinatez­za parigina sparisce d’un colpo e i loro comici sono sguaiati e superficia­li quanto i nostri. Manca a questo confronto il cosiddetto cinema medio: quello che dovrebbe badare al pubblico più ampio tenendo comunque toni e contenuti di un certo livello.È questo il caso di «Un amore sopra le righe», curioso caso di film ideato scritto e diretto dai due attori protagonis­ti – uno regista, e la moglie anche sceneggiat­rice – prendendo spunto dalle storie e dalle battute ideate nel tinello di casa.Lo spunto è semplice: ripercorre­re una lunga storia d’amore, sospesa tra risate e lacrime, attraverso un prisma fondamenta­lmente ironico, nel quale raccontare in filigrana i cambiament­i sociali e culturali del Paese. Insomma, una di quelle cose che possono venir fuori benissimo o malissimo.

Nicolas Bedos e Doria Tillier lo fanno molto bene, anche perché sanno sfiorare qualche tabù (irresistib­ile la vicenda della falsa identità dello scrittore, che si finge ebreo per lucrare su un certo tipo di benevolenz­a dell’establishm­ent editoriale) e offrire alla protagonis­ta, la donna narrante, un ruolo ben più sfaccettat­o di quello maschile. Non tutto fila sempre, sia chiaro. C’è una tendenza al grottesco che talvolta risulta stucchevol­e, e il doppiaggio non aiuta (del resto, non aiuta mai). Però – al fondo – sei sempre lì che ti chiedi perché questo tipo di atteggiame­nto disincanta­to di fronte alle ipocrisie (sociali e di classe) della nazione non possa aver cittadinan­za anche nella nostra produzione.

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