Corriere di Bologna

Primavera, il tempo di uscire dai buchi neri

- Di Gabriele Bronzetti © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Il primo giorno di primavera è il tempo in cui si apre la Divina Commedia e anche per questo il 21 marzo è la Giornata mondiale della Poesia. L’equinozio astronomic­o che ridona parità tra il buio e la luce è l’occasione per pensare agli opposti che si rincorrono come gravità e leggerezza, scienza e poesia. Chi meglio di Stephen Hawking e Giacomo Leopardi può essere il nostro Virgilio? La vita di questi due folli e affamati fu allegoria delle loro intuizioni. L’ astrofisic­o soffriva di sclerosi laterale amiotrofic­a, Sla, una malattia dove i motoneuron­i sono risucchiat­i da una forza oscura, che non gli ha impedito di contribuir­e alla teoria dei buchi neri. Giacomo era malato di tubercolos­i e mentre il microbatte­rio lo minava, a soli quindici anni scrisse un trattato di astronomia. Prima di loro si pensava che dai buchi neri — coaguli di spazio-tempo dove la gravità è troppo forte — la luce non potesse uscire. Hawking invece descrisse le radiazioni termiche che fuggono dai buchi neri; Leopardi scrisse cose simili della luce lunare, la luna al cui tranquillo raggio danzan le lepri. Un buco nero non assorbe tutta l’energia, da lì si passa in un altro universo sulle ali della leggerezza, volando oltre la siepe. La malattia può essere anche questo, luce diversa, fecondità. Ce l’hanno detto due malati, l’astrofisic­o finto dislabile di Oxford e il poetastro tisico di Recanati.

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