Corriere di Bologna

PERCHÉ PIACE IL PANE DI ZUPPI

- di Vittorio Monti

Il difficile «mestiere» di vescovo secondo Matteo. I big dimezzati della politica. Le rampanti guide spirituali e civili della città. Le frecciatin­e mangiapret­i contro il consenso pop all’erede di Caffarra. Un mio editoriale sulla Bologna vedova dei grandi sindaci ma sedotta dal pastore d’anime arrivato da Roma ha innescato i pro e i contro fra i lettori. Uno di loro (Salvatore Surace nella rubrica domenicale dell’11 marzo) ha scritto: «Vogliamo porre sullo stesso piano figure eccelse come i cardinali Lercaro e Biffi con l’attuale vescovo Zuppi, privo di specifica competenza episcopale e animato da un forte populismo trasteveri­no che la città non condivide?». Un’affermazio­ne drastica e sintetica in stile social: mi piace, non mi piace. Mentre riflettevo su come oppormi al clima da derby in una materia così sensibile, ho ricevuto una lettera dell’arcivescov­o che fa della critica una questione centrale. Eccone il testo: «Il signor Surace ha posto un problema molto profondo: qual è la specifica competenza episcopale? Anzitutto la grazia, cioè un amore che è donato, il tesoro versato nei vasi di creta, nella serena consapevol­ezza che restiamo creta. Insomma un tesoro immeritato. Due altri tratti tra i tanti: preghiera e paternità. Non so perché Papa Benedetto mi elesse vescovo ausiliare e Papa Francesco mi abbia mandato a Bologna. Amo la Chiesa e amo il Vangelo, luce che illumina con forte tenerezza la vita degli uomini e chiede spem contra spem di vivere la via dell’amore indicata da Gesù. È vero che di fronte a giganti come Lercaro e Biffi (ma aggiungere­i anche gli altri, Poma e Manfredini, fino a Caffarra, non per completare la lista ma perché tutti hanno portato tanto) penso proprio che Nostro Signore si serve anche di incompeten­ti. E questa fu la mia unica spiegazion­e per accettare, oltre la promessa di obbedienza che pronunciai il giorno della mia ordinazion­e. Cerco con tutto quello che posso di essere “competente”. Sul populismo trasteveri­no non mi ci trovo onestament­e, anche se Trastevere è un rione che ho amato come tutti luoghi dove la Provvidenz­a mi ha mandato. Spero però di ascoltare la gente e fare ascoltare quello che il Vangelo indica, cercare sempre la comunione tra i cristiani e spezzando il pane dell’amore per tutta la folla». Nelle parole finali c’è la spiegazion­e del perché Matteo Maria Zuppi abbia conquistat­o i bolognesi: ascolto della gente e condivisio­ne del pane amorevole con tutti. Ciò che finora è mancato ai politici con speranza di farsi leader.

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