Delitto Chiarini Sedici anni al profugo Per la difesa: sentenza equa
Sedici anni di carcere con rito abbreviato: è la condanna emessa dal gup Gianluca Petragnani Gelosi per Desmond Newthing, il nigeriano che il 4 gennaio di un anno fa ammazzò a coltellate Lanfranco Chiarini, 76enne imprenditore di Castenaso.
Ieri il nigeriano è comparso davanti al giudice visibilmente commosso, consapevole della pena severa a cui andava incontro. Una pena che però è stata più mite di quella chiesta dalla pm Antonella Scandellari: 20 anni di carcere. Per le motivazioni della sentenza bisognerà attendere novanta giorni, ma un ruolo determinante a favore dell’imputato lo ha sicuramente avuto l’esclusione di alcune aggravanti, come quella del vincolo di causalità tra rapina e omicidio. Per il pm Newthing, che portò via un migliaio di euro da casa della vittima, uccise per rapinarlo. Ma la difesa è riuscita a dimostrare che l’omicidio fu il culmine di una colluttazione, seguita a un litigio tra i due uomini, che si frequentavano da tempo per incontri intimi, come accertato anche dalle indagini dei carabinieri.
Ma Newthing sperava che prima o poi Chiarini gli avrebbe trovato un posto di lavoro e il litigio di quella notte sarebbe scaturito proprio dalla pretese del 26enne.
Dopo l’omicidio il nigeriano, che risiedeva in un centro di accoglienza a Castenaso, tentò di dar fuoco alla stanza. Il ragazzo aveva un permesso umanitario perché perseguitato nel suo Paese per la sua omosessualità. Ad inchiodarlo per l’omicidio dell’anziano sono state le telecamere di videosorveglianza, il suo dna sul cadavere, le telefonate con la vittima e i tagli alle mani che confermano la colluttazione. Fu rintracciato una decina di giorni dopo dai carabinieri.
Nell’udienza del 29 gennaio davanti al gup l’imputato ha confessato per la prima volta l’omicidio. «Lo avevo conosciuto nel novembre 2015 — ha detto —, mi telefonava ed ero andato a casa sua un’altra volta. Mi aveva detto che si stava impegnando per trovarmi un lavoro. A casa sua gli ho chiesto perché continuava a volermi incontrare. Gli ho fatto presente che mi aveva fatto un sacco di promesse che non aveva mantenuto e che non c’era motivo per cui io dovessi vederlo ancora. Abbiamo litigato, ci siamo insultati e mi ha cacciato via». Ma al litigio è seguita la colluttazione finita nel sangue. Chiarini fu colpito da quasi 30 coltellate. «Dal nostro punto di vista è una sentenza equa — ha commentato l’avvocato Andrea Speranzoni, legale dell’imputato —, il mio assistito si è assunto le sue responsabilità».