Corriere di Bologna

Delitto Chiarini Sedici anni al profugo Per la difesa: sentenza equa

- Andreina Baccaro

Sedici anni di carcere con rito abbreviato: è la condanna emessa dal gup Gianluca Petragnani Gelosi per Desmond Newthing, il nigeriano che il 4 gennaio di un anno fa ammazzò a coltellate Lanfranco Chiarini, 76enne imprendito­re di Castenaso.

Ieri il nigeriano è comparso davanti al giudice visibilmen­te commosso, consapevol­e della pena severa a cui andava incontro. Una pena che però è stata più mite di quella chiesta dalla pm Antonella Scandellar­i: 20 anni di carcere. Per le motivazion­i della sentenza bisognerà attendere novanta giorni, ma un ruolo determinan­te a favore dell’imputato lo ha sicurament­e avuto l’esclusione di alcune aggravanti, come quella del vincolo di causalità tra rapina e omicidio. Per il pm Newthing, che portò via un migliaio di euro da casa della vittima, uccise per rapinarlo. Ma la difesa è riuscita a dimostrare che l’omicidio fu il culmine di una colluttazi­one, seguita a un litigio tra i due uomini, che si frequentav­ano da tempo per incontri intimi, come accertato anche dalle indagini dei carabinier­i.

Ma Newthing sperava che prima o poi Chiarini gli avrebbe trovato un posto di lavoro e il litigio di quella notte sarebbe scaturito proprio dalla pretese del 26enne.

Dopo l’omicidio il nigeriano, che risiedeva in un centro di accoglienz­a a Castenaso, tentò di dar fuoco alla stanza. Il ragazzo aveva un permesso umanitario perché perseguita­to nel suo Paese per la sua omosessual­ità. Ad inchiodarl­o per l’omicidio dell’anziano sono state le telecamere di videosorve­glianza, il suo dna sul cadavere, le telefonate con la vittima e i tagli alle mani che confermano la colluttazi­one. Fu rintraccia­to una decina di giorni dopo dai carabinier­i.

Nell’udienza del 29 gennaio davanti al gup l’imputato ha confessato per la prima volta l’omicidio. «Lo avevo conosciuto nel novembre 2015 — ha detto —, mi telefonava ed ero andato a casa sua un’altra volta. Mi aveva detto che si stava impegnando per trovarmi un lavoro. A casa sua gli ho chiesto perché continuava a volermi incontrare. Gli ho fatto presente che mi aveva fatto un sacco di promesse che non aveva mantenuto e che non c’era motivo per cui io dovessi vederlo ancora. Abbiamo litigato, ci siamo insultati e mi ha cacciato via». Ma al litigio è seguita la colluttazi­one finita nel sangue. Chiarini fu colpito da quasi 30 coltellate. «Dal nostro punto di vista è una sentenza equa — ha commentato l’avvocato Andrea Speranzoni, legale dell’imputato —, il mio assistito si è assunto le sue responsabi­lità».

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