Corriere di Bologna

Dopo Livorno un altro decesso Camusso (Cgil): «Anno terribile»

- Beppe Persichell­a © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Prima Livorno, ora Bologna. «Il 2018 è un anno senza precedenti», commenta sbigottita Susanna Camusso dopo quel che è successo in soli due giorni. Non si era mai vista, «una concentraz­ione così grande di incidenti sul lavoro, che in vari casi hanno sfiorato una strage. Un segnale di disinvesti­mento sulla sicurezza», dice la leader nazionale della Cgil.

Sindacati e politici si attivano pochi minuti dopo la notizia di un altro operaio morto sul lavoro, Carmine Cerullo il suo nome, 56 anni, nato a Napoli e residente a Torino. Ma la vita la perde a Bologna folgorato mentre curava la manutenzio­ne della linea elettrica nell’area ferroviari­a del bivio Navile. Quelle che dettano le agenzie di stampa sono parole già sentite, forse perché c’è poco da dire e molto da fare. «Cordoglio e vicinanza alla famiglia», scrivono in una nota i sindacati dei trasporti di FiltCgil, Fit-Cisl, Uiltraspor­ti, Ugl e Fast. Costretti a ripetere ancora una volta che «forse questa tragedia si poteva evitare». E obbligati a chiedere come minimo un incontro urgente con Rfi. Mentre parla di «piaga» la presidente dell’Assemblea legislativ­a Simonetta Saliera e subito dopo il capogruppo regionale Pd Stefano Caliandro annuncia un’interrogaz­ione alla giunta «per accertare la dinamica dell’incidente». Perché i dubbi su quel che è successo non sono pochi.

E la questione del subappalto diventa cruciale. Bisogna «aumentare la presenza dei ferrovieri durante le lavorazion­i date alle ditte appaltatri­ci, che conoscendo bene gli impianti ferroviari possono vigilare sulla sicurezza degli addetti delle ditte stesse», punta il dito il segretario regionale della Uil Giuliano Zignani. Un’analisi condivisa anche da Carlo Soricelli, che da undici anni cura senza interruzio­ne l’Osservator­io indipenden­te di Bologna dei morti sul lavoro. «Il comune denominato­re di questa strage senza sosta — dice — è il lavoro in subappalto». Anche qui in città, spiega, «tanti muoiono così». Proprio come l’operaio della Sifel rimasto folgorato dai cavi dell’alta tensione domenica sera. «I ritmi di lavoro sono allucinant­i, la preparazio­ne di queste imprese non è sufficient­e, e in più senza il sindacato sul luogo di lavoro diventa pesante l’assenza di un rappresent­ante della sicurezza». A rischiare di più sono i giovani, «spesso inesperti ai quali si chiede solo di correre e basta», continua Soricelli.

A differenza dei dati dell’Inail, quelli dell’Osservator­io indipenden­te conteggian­o solo i lavoratori morti in azienda o nei cantieri, e non quelli in itinere, mentre vanno o tornano dal lavoro. «Sarebbero almeno altrettant­i», ipotizza Soricelli. Ma a differenza dell’Inail, inserisce nel calcolo anche quelle categorie di lavoratori che, non essendo assicurati, restano fuori dal monitoragg­io dell’istituto nazionale. Nel 2017 l’Osservator­io ha contato 42 morti bianche in Emilia Romagna e otto a Bologna. Quello di ieri, spiega, «è il primo decesso sul lavoro del 2018 qui in città». Il secondo in provincia dopo l’operaio travolto da un tir in A14, all’altezza di San Lazzaro, mentre sistemava la cartelloni­stica stradale. Anche lui lavorava in una ditta che aveva il subappalto per la manutenzio­ne delle strade.

I dati Inail arrivano fino al 2016 e, come detto, includono sia la morte sul luogo di lavoro che durante il tragitto. In provincia due anni fa le vittime sono state 26, mentre nel triennio precedente non si superava la soglia dei 20 decessi. Sono stati invece 139 i lavoratori uccisi dal lavoro in tutta la regione sempre nel 2016. Un dato inferiore solo ai 155 del 2012. Negli anni successivi c’è poi stato un calo (111 nel 2013, 116 nel 2014 e 107 nel 2015) interrotto due anni fa. E davanti c’è ancora un lunghissim­o 2018.

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