Fortitudo, la magia del Poz Infiammare l’ambiente da veterano tra i veterani
Dovrà gestire gli uomini, più che i giocatori, e ridare entusiasmo
Ancora più vulcanico del suo predecessore Matteo Boniciolli, Gianmarco Pozzecco era probabilmente l’unica scelta possibile per la Fortitudo dovendo andare oltre la figura di un allenatore che negli ultimi quattro anni era stato il Re Sole in piazza Azzarita. Già gongolano i virtussini, immaginando un matrimonio più godereccio che tecnico tra la Effe e un suo grande ex, discusso finché si vuole ma mago in campo, istrionico, attizzatore di folle, catalizzatore di attenzioni, telecamere e interesse. Dovendo rinunciare a Boniciolli, non c’era sul mercato un tecnico migliore e disponibile a ereditare in corsa una squadra complessa in un ambiente tanto caldo quando difficile, con il dichiarato obiettivo di raggiungere la serie A e il retaggio d’una stagione amara più per le sensazioni che per il reale rendimento. E quindi, la Effe ha virato su un profilo differente, profetizzato dallo stesso Boniciolli poco prima del passo indietro che ha lasciato un incolmabile vuoto tecnico, di personalità e di decisionismo.
Si è arrivati così a Pozzecco, e tutti ora si chiedono cosa saprà fare, come potrà allenare, cosa è in grado di dare. Per le mani ha un gruppo di veterani ultra trentenni, scelto appositamente per non dovergli spiegare nulla. Una squadra con la data di scadenza, comunque vada: se sarà serie A, bisognerà rinfrescarla, altrimenti sarà comunque finita qui. Boniciolli scelse uomini da guerra, gente che ha visto di tutto e — nei suoi piani — avrebbe potuto scavallare quei momenti di crisi che frenarono la sua creatura dello scorso anno, bella e fragile sulle spalle di virgulti di prospettiva. Oggi Poz allena suoi amici, addirittura ex compagni in alcuni casi, e dovrà soprattutto tenerne a bada i rigurtiti da protagonisti e i caratteri forti, più che spiegargli dove muoversi in campo. E forse, tra le pieghe di una stagione fatta di strappi ma orientata verso l’alto — la Fortitudo è seconda nel suo girone, eppure a tratti pareva fosse morto un parente — adesso un simpatico sdrammatizzatore, ai limiti del dissacrante, può aiutare l’ambiente a ritrovare la gioia di correre e giocare per la Fortitudo e la sua gente.
Poi nemmeno ai tempi d’oro Poz qui era solo amato, era l’uomo di Seragnoli quindi attirava anche antipatie e la sua cacciata firmata da Repesa fece sorridere qualcuno. Sono passati tredici anni e l’errore che non deve fare — e non farà — è concedere troppo al proprio personaggio finendo per mangiare se stesso. Non è una sfida di Pozzecco al passato, per dimostrare qualcosa, ma è il prossimo step del Pozzecco di oggi che non va in campo ma in panchina e ha nel mirino un’impresa: riportare in A la Fortitudo. Può farlo? Sì, anche se i suoi detrattori pensano il contrario.
Poi la Effe dovrà però guardarsi dentro, comunque vada. Ha sbagliato a lasciare solo Boniciolli, facendolo apparire come il dittatore perpetuo che non è, unico al comando senza altri a condividerne le scelte tecniche e quel nodo sugli americani lungo ormai due anni. Chiunque verrà, o resterà nel caso del Poz, dovrà vivere in una struttura anche dirigenziale e non solo ambientale.