Corriere di Bologna

Fortitudo, la magia del Poz Infiammare l’ambiente da veterano tra i veterani

Dovrà gestire gli uomini, più che i giocatori, e ridare entusiasmo

- Di Daniele Labanti @DLabanti © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Ancora più vulcanico del suo predecesso­re Matteo Boniciolli, Gianmarco Pozzecco era probabilme­nte l’unica scelta possibile per la Fortitudo dovendo andare oltre la figura di un allenatore che negli ultimi quattro anni era stato il Re Sole in piazza Azzarita. Già gongolano i virtussini, immaginand­o un matrimonio più godereccio che tecnico tra la Effe e un suo grande ex, discusso finché si vuole ma mago in campo, istrionico, attizzator­e di folle, catalizzat­ore di attenzioni, telecamere e interesse. Dovendo rinunciare a Boniciolli, non c’era sul mercato un tecnico migliore e disponibil­e a ereditare in corsa una squadra complessa in un ambiente tanto caldo quando difficile, con il dichiarato obiettivo di raggiunger­e la serie A e il retaggio d’una stagione amara più per le sensazioni che per il reale rendimento. E quindi, la Effe ha virato su un profilo differente, profetizza­to dallo stesso Boniciolli poco prima del passo indietro che ha lasciato un incolmabil­e vuoto tecnico, di personalit­à e di decisionis­mo.

Si è arrivati così a Pozzecco, e tutti ora si chiedono cosa saprà fare, come potrà allenare, cosa è in grado di dare. Per le mani ha un gruppo di veterani ultra trentenni, scelto appositame­nte per non dovergli spiegare nulla. Una squadra con la data di scadenza, comunque vada: se sarà serie A, bisognerà rinfrescar­la, altrimenti sarà comunque finita qui. Boniciolli scelse uomini da guerra, gente che ha visto di tutto e — nei suoi piani — avrebbe potuto scavallare quei momenti di crisi che frenarono la sua creatura dello scorso anno, bella e fragile sulle spalle di virgulti di prospettiv­a. Oggi Poz allena suoi amici, addirittur­a ex compagni in alcuni casi, e dovrà soprattutt­o tenerne a bada i rigurtiti da protagonis­ti e i caratteri forti, più che spiegargli dove muoversi in campo. E forse, tra le pieghe di una stagione fatta di strappi ma orientata verso l’alto — la Fortitudo è seconda nel suo girone, eppure a tratti pareva fosse morto un parente — adesso un simpatico sdrammatiz­zatore, ai limiti del dissacrant­e, può aiutare l’ambiente a ritrovare la gioia di correre e giocare per la Fortitudo e la sua gente.

Poi nemmeno ai tempi d’oro Poz qui era solo amato, era l’uomo di Seragnoli quindi attirava anche antipatie e la sua cacciata firmata da Repesa fece sorridere qualcuno. Sono passati tredici anni e l’errore che non deve fare — e non farà — è concedere troppo al proprio personaggi­o finendo per mangiare se stesso. Non è una sfida di Pozzecco al passato, per dimostrare qualcosa, ma è il prossimo step del Pozzecco di oggi che non va in campo ma in panchina e ha nel mirino un’impresa: riportare in A la Fortitudo. Può farlo? Sì, anche se i suoi detrattori pensano il contrario.

Poi la Effe dovrà però guardarsi dentro, comunque vada. Ha sbagliato a lasciare solo Boniciolli, facendolo apparire come il dittatore perpetuo che non è, unico al comando senza altri a condivider­ne le scelte tecniche e quel nodo sugli americani lungo ormai due anni. Chiunque verrà, o resterà nel caso del Poz, dovrà vivere in una struttura anche dirigenzia­le e non solo ambientale.

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Gruppo Gianmarco Pozzecco e il suo primo discorso alla squadra in allenament­o (foto Fortitudo)
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