Riti e sfilate, un giorno di Passione
Stasera feste popolari per il venerdì santo. A Pennabilli la Via Crucis con il paese illuminato solo da fiaccole alle finestre. A Montefiore Conca, la processione del Cristo morto accompagnata dagli «incappucciati»
Venerdì santo: la morte del Figlio, il dolore della Madre. Processioni che attraversano città e paesi esibendo i simboli della passione. Anche nella nostra regione stasera si possono trovare alcune celebrazioni che fondono riti antichi e rievocazioni storiche.
Bisogna spostarsi in Romagna, per trovare due suggestive celebrazioni del venerdì santo. La prima, la processione dei Giudei, si svolge a Pennabilli, il paese eletto come suo rifugio da Tonino Guerra, in cima alla Val Marecchia (inizio ore 21, info 0541/928659). In un’altra valle del riminese, la Val Conca, sopra Cattolica e Morciano, si può assistere alla processione del Venerdì santo (ore 21, info 348/1042158). La prima è una Via Crucis che si svolge nel paese illuminato solo con fiaccole o lampioncini alle finestre e consiste nella sfilata di una Pietà seicentesca in cartapesta, accompagnata da donne che intonano Stabat Mater popolari e da vari figuranti, con il rullo di tamburi percossi da paesani in abiti di soldati romani. Dovrebbe risalire addirittura al XIII secolo. A Montefiore si tratta piuttosto di una deposizione e sfilata del Cristo morto, anch’essa di antichissima tradizione, con le cappe delle confraternite di incappucciati, di diverso colore, trasmesse nelle famiglie di padre in figlio.
Giuseppe Giannini ci racconta la processione di Pennabilli: «Il corteo parte dalla piccola chiesa della Misericordia, nella rocca di Penna. Il luogo sacro, chiuso tutto l’anno, viene aperto in questa occasione e da esso esce la Madonna con il Figlio morto costruita nel 1637. Da Penna si entra nelle antiche mura del paese e ci si dirige verso l’altra rocca, quella di Billi, luogo probabilmente di origine etrusca, dove sorgeva in tempio dedicato al dio Bel, corrotto in Billi. Sono due chilometri di percorso, fra strade oscurate, con i canti delle pie donne, gli incappucciati, i soldati romani, il Cristo che porta la croce e vari altri figuranti. Il momento culminate arriva nel castello di Billi, quando la Pietà si appoggia al convento delle monache di clausura, il pubblico si sistema in basso e in alto parte la rievocazione storica, un’azione con voci e musiche registrate. Avevamo provato a farla a voce nuda, ma non funzionava, dato il gran concorso di pubblico». La notte squarciata dal dolore, dalla rappresentazione più antica della nostra cultura, la morte dell’innocente, lo strazio della madre...
A Montefiore Conca il sacrificio è già stato consumato. Cristo è morto e, deposto dalla croce, la sua effigie sfila per la città. Ci racconta Lara Braga dell’ufficio turistico: «La processione si fa risalire al TreQuattrocento, dopo un’epidemia di peste. In documenti dell’Ottocento si dice che già a metà del secolo precedente era considerata “antichissima”».
Anche in questo caso, si attraversa tutto lo spazio del paese tra luci tremolanti. «La statua del Cristo morto viene lavata con il latte la mattina del venerdì santo dalle donne del paese. Poi è trasportata al convento dei frati Cappuccini sul monte Auro, insieme ai “Misteri della passione”, alle torce di pece, alla grande croce in legno. I montefioresi preparano ceri rossi da mettere alle finestre per devozione: li accenderanno quando scenderà la notte. Il catafalco, preceduto dal Cireneo con la cappa rossa che porta la grande croce di Cristo, accompagnato da vari figuranti, Caifa, Pilato, Barabba, Giuseppe di Arimatea, le tre pie donne, i tre apostoli, i bambini vestiti da angeli, scende verso la chiesa di San Paolo. A metà paese si aggiunge una banda che suona le più famose marce funebri, a partire da quella di Chopin. Gli incappucciati hanno cappe di colore diverso e ogni cappa è di una famiglia o di una confraternita. Per il venerdì santo per indossarle tornano persone emigrate da ogni parte. La mia famiglia ha la cappa rossa del Cireneo». La processione è aperta dal rumore ritmico del crepitacolo, una tavoletta di legno con ferri battenti, che qui chiamano battistrangola o tarabaccola e che sostituisce le campane, silenti in questo giorno di lutto. «Arrivati alla chiesetta dell’Ospedale, il Cristo morto è offerto al bacio di tutti i fedeli, che ricevono una piccola pagnotta di pane benedetto».