Corriere di Bologna

Le nostre maschere che danzano

Doppio appuntamen­to oggi a Palazzo Re Enzo con il nuovo lavoro di Virgilio Sieni «Il mondo salvato dai Pulcinella»: «Evoco l’opera di Elsa Morante, che richiama la capacità di mettersi in gioco»

- Di Massimo Marino © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Dopo Petruška, visto in febbraio al teatro Comunale, Virgilio Sieni torna con un’opera dedicata a un’altra maschera, capostipit­e di quella di Stravinski­j, Pulcinella. Solo che in scena non vedrete un solo Pulcinella: sono un centinaio persone che si muovono ed emettono suoni, con la voce, con i corpi, in una grande creazione collettiva di quelle cui il coreografo fiorentino (uno dei nostri nomi più famosi nel mondo) ci ha abituati.

Solo a Bologna nel 2015 ha realizzato una Cena Pasolini e nel 2016 un Ballo 1890_Natura morta dedicato a Giorgio Morandi. Sono azioni danzate di cittadini, amatori, non profession­isti, esplorazio­ni utopiche attraverso la relazione dei corpi di mondi possibili dove la comunicazi­one torna umana.

Le recite saranno due, oggi, nel salone del Podestà di Palazzo Re Enzo, alle 17 e alle 19 (biglietti a 10 euro presso teatro Comunale o www.tcbo.it).

Sieni, il titolo, «Il mondo salvato dai Pulcinella», richiama un famoso testo di Elsa Morante del 1968, «Il mondo salvato dai ragazzini». È un riferiment­o voluto?

«Sì, volevo richiamarm­i a quell’opera rivoluzion­aria, non solo per il contenuto ma anche per come era impaginata. Richiama la capacità di sospenders­i, di giocare, di mettersi in gioco in modo profondo. Il mondo in questo ballo potrebbe essere salvato da persone che si impegnano, si mettono alla prova riflettend­o sul corpo e su gesti apparentem­ente inutili come quelli della danza».

Quanti sono i partecipan­ti?

«Sono 130: un popolo di persone che si sono incontrate per confrontar­si, per ascoltarsi e sperimenta­rsi».

Avranno la classica mascherina nera?

«Ognuno si è costruito la sua, di carta, con l’ausilio del corso di Scenografi­a del melodramma dell’Accademia di Belle Arti. Sono vestiti tutti di bianco, accumunati da un’idea di purezza, di qualcosa che ha un senso originario. Spero richiamera­nno i “capricci” e gli schizzi disegnati da Giandomeni­co Tiepolo quando si rifugia nella sua villa di Zianigo per riflettere sul mondo. In quell’isolamento, fa riemerge la figura della maschera, che comprende tutto, che è un tutto che contempera tragedia e leggerezza».

Quale sarà il suono del ballo?

«Ho affidato la direzione musicale a Giampaolo Violi, il direttore e compositor­e della Corale Savani di Carpi, con cui abbiamo collaborat­o varie volte in passato. Ciascun partecipan­te agirà coniugando gesto e voce, riflettend­o sonorament­e sul movimento».

Come avete trovato 130 cittadini non profession­isti disposti a questa impresa?

«Ci siamo rivolti innanzitut­to a quel nucleo di persone che aveva partecipat­o ai lavori precedenti. Poi, tramite i teatri produttori, il Comunale e Ert, abbiamo diffuso bandi sui social. Abbiamo preso solo quelli che confermava­no la partecipaz­ione a tutte le 15 prove: le richieste erano molto superiori».

Le età?

«Come al solito dai 10 ai 90 anni, con un picco tra i 35 e i 60. Ci sono adolescent­i, persone mature e anziane. È importante che rimanga un nucleo che ha partecipat­o a lavori precedenti: trasmette fiducia, rassicura gli altri e dà profondità all’azione. Molti sono studenti universita­ri, ma ci sono anche pensionati, disoccupat­i, architetti…».

C’è un riferiment­o al libro dedicato a Pulcinella dal filosofo Giorgio Agamben, pubblicato dalle edizioni Nottetempo?

«C’è, come per altri miei lavori, una suggestion­e molto diretta. Il lavoro su Pulcinella è iniziato dalla lettura di quel libro. E continua: altri 170 Pulcinella apriranno il Maggio musicale fiorentino. Con la mia compagnia presenterò Pulcinella_Quartet alla Triennale di Milano, mentre a maggio faremo un Cammino popolare a Torino, a Mirafiori».

Qual è la relazione tra le creazioni con i profession­isti della compagnia e quelle con amatori e cittadini?

«C’è una continua risonanza. Si nutrono a vicenda. Quello che scopro con i cittadini lo riverso nel lavoro con i profession­isti. Con questi moltiplico i gesti, per poi tornare alla trasmissio­ne per i cittadini».

Ma chi glielo fa fare a deviare tanto dalla normale attività di un coreografo, impegnando­si in imprese con decine di interlocut­ori, di corpi?

«Mi piace. Gli amatori mi danno un’energia unica, spesso inaspettat­a. Mi pongono domande primarie. Per lavorare con loro mi devo scuotere, devo ascoltarli, non posso essere pretenzios­o. Siamo nella dimensione della fragilità, che è, con le fessurazio­ni che apre, fonte inesauribi­le di possibilit­à che il codice strutturat­o della danza non ti consente di sperimenta­re».

” La figura della maschera comprende tutto, che è un tutto che contempera tragedia e leggerezza Tiepolo la fa riemergere quando si rifugia nella sua villa di Zianigo per riflettere sul mondo

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