Gli albanesi-bolognesi Una comunità radicata
I più giovani sono la seconda comunità di stranieri iscritti a Unibo. In aumento i minori non accompagnati
È stata la prima vera ondata migratoria di profughi, più di un quarto di secolo fa. Era luglio del 1990, quando il corridoio umanitario da Tirana ha portato a Bologna i primi richiedenti asilo albanesi accolti a Villa Pallavicini, la stessa struttura che oggi ospita i richiedenti asilo dell’emergenza Mare Nostrum iniziata nel 2014 dal Nord Africa. Oggi i cittadini albanesi che vivono tra Bologna e la provincia sono 11.000 e il 23% di loro ha la doppia cittadinanza. E i più giovani rappresentano la seconda comunità straniera per numero di iscritti all’Alma Mater, il 9,65% dopo il 14, 10% di studenti universitari cinesi. Si iscrivono soprattutto alle Scuole di indirizzo economico finanziario. Negli ultimi tre anni, inoltre, sono sempre di più i minori non accompagnati albanesi che arrivano a Bologna da soli, un fenomeno sotto la lente del Comune. In città oggi vivono 4.000 albanesi e 917 sono cittadini italiani: «Siamo albanesi bolognesi. Ci piace definirci così», spiega Roland Jace, vice presidente di Fare, il forum delle associazioni albanesi in Emilia-Romagna e segretario della V commissione consiliare del Comune di Bologna. Lui, figlio di un ufficiale militare, da Puke si è trasferito sotto le Due Torri nei primi anni Novanta dopo essersi laureato alla Normale di Pisa, e da allora non è più andato via da Bologna. Dal 1995 ha iniziato a collaborare con il Comune, e oggi è dipendente a Palazzo d’Accursio. E proprio in Sala Rossa è stato celebrato il suo matrimonio. «Gli albanesi in città sono 4.000 — spiega — e la maggior parte di loro ha ben chiaro cosa vuole fare: crescere qui i propri figli e per questo negli ultimi anni è cresciuto anche il numero delle cittadinanze ottenute. Siamo molto legati a Bologna e fin dalla prima ondata migratoria ci siamo stabilizzati qui: molte famiglie bolognesi vennero proprio in Albania per “adottare” intere famiglie durante i primi anni degli sbarchi e molti dei volontari della Croce Rossa impegnati nell’accoglienza erano proprio bolognesi». I primi ad arrivare in città erano intere famiglie con bimbi molto piccoli, oppure ragazzi poco più che adolescenti. «In Albania a 14 anni è come se fossi maggiorenne — confida Jace —. Non sei più un ragazzino, sei un uomo e devi pensare al futuro dell’intera famiglia». Dal 1993 al 1995 vivevano in case in affitto soprattutto in centro perché molte donne erano assistenti famigliari, mentre gli uomini lavoravano nell’edilizia. Poi negli anni hanno iniziato a trasferirsi al quartiere San Vitale, e alla Barca. Oggi vivono in zona Navile e Saragozza. Lavorano soprattutto nell’edilizia e nella ristorazione. Sono tre ragazzi albanesi, assieme a un socio italiano, gli ideatori e gestori dello Zerocinquantuno, una realtà ben radicata a Bologna e in provincia con otto locali. Mentre la tradizione culinaria albanese è portata in tavola in alcuni locali greci della città, dove è possibile mangiare il Byrek, la tipica sfoglia ripiena di formaggio, oppure il dolce Baklava, di origine turca.