COMBATTERE L’INTEGRALISMO
In due scuole bolognesi, una elementare e l’altra media — con la prospettiva che forse qualche altra se ne aggiunga abbastanza presto — al posto dell’ora di religione è stata introdotta l’ora di religioni. Si insegnano insomma, invece del solo credo cristiano cattolico, anche tutti gli altri principali, quelli almeno praticati in regione. Ciò avviene non soltanto in vista del fatto che in questi istituti gli scolari stranieri a volte perfino superano per numero quelli italiani, ma anche per «recuperare» alla classe, e perciò alla comunità dei bambini, i figli di famiglie atee che per lo più disertano le lezioni di religione. La sacrosanta teoria alla base dell’esperimento è che le fedi devono unire, non dividere, e tantomeno escludere una parte degli alunni dall’orario scolastico. La speranza, naturalmente, è che l’operazione inclusione avviata a scuola possa continuare anche fuori, che crei dialogo, conoscenza, vicinanza, e, quindi, integrazione.
Ci si sarebbe potuti aspettare una reazione severa da parte della Curia, reazione che, invece, è stata abbastanza possibilista. I responsabili hanno infatti parlato di «contesto scolastico particolare», assolvendo in un certo senso l’iniziativa. Del resto è da tempo che sono soprattutto le parrocchie a farsi carico con appositi corsi della preparazione religiosa dei bambini cattolici, mentre a scuola, per non vedere la classe semivuota, gli insegnanti, forse non delle elementari ma certamente di medie e superiori, tendono a diversificare le lezioni più in direzione storia delle religioni.
La dura contestazione è arrivata da parte di quanti sono per l’assoluta laicità della scuola, che accusano i promotori di questo nuovo modo di impostare l’ora di religione di voler attirare i bambini in classe proponendo loro «attività accattivanti» con lo scopo ultimo di contrabbandare in realtà una lezione di fede cattolica. E di conseguenza minacciano di diffidare la dirigente che ha autorizzato il progetto.
Ciascuno, è ovvio, la pensa a modo suo, specialmente in un campo delicato come la fede, ma privare del tutto i bambini — dunque, i futuri uomini e donne — della dimensione religiosa vuole forse, chissà, negare un aspetto non così secondario della natura umana. Il temuto spettro, per tutte le credenze, è sempre l’integralismo: ma un’iniziativa come quella delle due scuole bolognesi sembra già in partenza un antidoto piuttosto efficace contro simili derive. Non a caso in molti plaudono alla novità ritenuta positiva.