Corriere di Bologna

Boxe e campioni Quartarone tra i big

Ha diretto il match mondiale Joshua-Parker: «Una soddisfazi­one enorme»

- di Alessandro Mossini

” Non mi aspettavo le critiche Alla fine dell’incontro ho avuto commenti positivi da colleghi e supervisor­i Ho arbitrato come mi sentivo. Se combattono cento volte vince sempre il britannico

Una settimana fa gli occhi di tutto il mondo della boxe erano rivolti al Principali­ty Stadium di Cardiff per il match che valeva quattro cinture mondiali dei pesi massimi: da una parte l’inglese Joshua, dall’altra il neozelande­se Parker. In mezzo a loro un po’ di Italia: l’arbitro Giuseppe Quartarone, 57 anni, bolognese di nascita, residente nel ferrarese e proprietar­io di un’azienda di impianti a Castelmagg­iore.

Quartarone, che effetto fa arbitrare un mondiale di boxe davanti a 80.000 persone?

«Una soddisfazi­one enorme dopo tanti anni di attività: arbitro dal 1986 e sono internazio­nale dal 2001. La designazio­ne è stata inattesa: ho fatto 6 mondiali maschili, 4 femminili e circa 80 match con una cintura internazio­nale in palio. Ma qui lo scenario era incredibil­e»

Come nasce la passione per l’arbitraggi­o nella boxe?

«Da ragazzo l’ho praticata alla Boxe Bologna al quartiere Lame: ho fatto qualche match da dilettante, poi l’istruttore. Quando tra studio e lavoro non potevo più frequentar­e la palestra ogni sera, per stare nel giro ho fatto il corso da arbitro con Angelo Poletti».

Come si prepara un simile appuntamen­to?

«Tanta preparazio­ne fisica: peso 90 chili ma rispetto a quei due ero microscopi­co e in passato qualche arbitro colpito da un cazzotto c’è stato. Alcuni miei colleghi fanno yoga per combattere lo stress, io preferisco la bici. Chiaro che davanti a 80.000 spettatori subentra anche il fattore psicologic­o: come per un arbitro di calcio il timore di sbagliare c’è sempre, non siamo di ghiaccio».

Ha ricevuto molte critiche. Se l’aspettava?

«Sinceramen­te no, a fine match ho avuto commenti positivi da colleghi e supervisor­i: hanno detto che ho tenuto in mano il combattime­nto. Ho arbitrato come mi sentivo: mi hanno scelto perché mi hanno ritenuto idoneo gli staff di entrambi i pugili, oltre alla WBA».

Alcuni media e lo staff di Parker l’accusano di eccessive interruzio­ni.

«Parker dopo pochi round ha capito che non avrebbe potuto vincere e legava molto: era sottoposto al jab sinistro di Joshua e si infilava sotto. Mi ha lasciato perplesso che Parker non cercasse la corta distanza per lavorare ma per legare, a Joshua andava bene: posso aver anticipato troppo un paio di break, ma non credo di aver limitato lo spettacolo. Joshua è una montagna di muscoli, tecnico e intelligen­te. Parker ha cercato di sopravvive­re e c’è riuscito: è il primo che non è andato ko pur perdendo ai punti, ma se combattono cento volte vince sempre Joshua».

Le è dispiaciut­o?

«Non è piacevole, ma come mi hanno detto è normale: a quei livelli i match hanno milioni di spettatori, le critiche ci stanno ma si va avanti».

I soldi e la grande boxe ora sono in Gran Bretagna?

«Sono i numeri uno al mondo, come la Germania anni fa. In Italia speriamo cambi qualcosa: le potenziali­tà ci sono, mancano soldi e tv. I nostri pugili pro non sono tali: non si campa con la boxe, vent’anni fa quando arbitravo titoli italiani prendevo 35.000 lire. Il mondiale in questo è stato un po’ deludente: la paga standard è 1.900 dollari, poi in base alle borse le cifre possono variare ma di poco. È più la gloria che la moneta».

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