Boxe e campioni Quartarone tra i big
Ha diretto il match mondiale Joshua-Parker: «Una soddisfazione enorme»
” Non mi aspettavo le critiche Alla fine dell’incontro ho avuto commenti positivi da colleghi e supervisori Ho arbitrato come mi sentivo. Se combattono cento volte vince sempre il britannico
Una settimana fa gli occhi di tutto il mondo della boxe erano rivolti al Principality Stadium di Cardiff per il match che valeva quattro cinture mondiali dei pesi massimi: da una parte l’inglese Joshua, dall’altra il neozelandese Parker. In mezzo a loro un po’ di Italia: l’arbitro Giuseppe Quartarone, 57 anni, bolognese di nascita, residente nel ferrarese e proprietario di un’azienda di impianti a Castelmaggiore.
Quartarone, che effetto fa arbitrare un mondiale di boxe davanti a 80.000 persone?
«Una soddisfazione enorme dopo tanti anni di attività: arbitro dal 1986 e sono internazionale dal 2001. La designazione è stata inattesa: ho fatto 6 mondiali maschili, 4 femminili e circa 80 match con una cintura internazionale in palio. Ma qui lo scenario era incredibile»
Come nasce la passione per l’arbitraggio nella boxe?
«Da ragazzo l’ho praticata alla Boxe Bologna al quartiere Lame: ho fatto qualche match da dilettante, poi l’istruttore. Quando tra studio e lavoro non potevo più frequentare la palestra ogni sera, per stare nel giro ho fatto il corso da arbitro con Angelo Poletti».
Come si prepara un simile appuntamento?
«Tanta preparazione fisica: peso 90 chili ma rispetto a quei due ero microscopico e in passato qualche arbitro colpito da un cazzotto c’è stato. Alcuni miei colleghi fanno yoga per combattere lo stress, io preferisco la bici. Chiaro che davanti a 80.000 spettatori subentra anche il fattore psicologico: come per un arbitro di calcio il timore di sbagliare c’è sempre, non siamo di ghiaccio».
Ha ricevuto molte critiche. Se l’aspettava?
«Sinceramente no, a fine match ho avuto commenti positivi da colleghi e supervisori: hanno detto che ho tenuto in mano il combattimento. Ho arbitrato come mi sentivo: mi hanno scelto perché mi hanno ritenuto idoneo gli staff di entrambi i pugili, oltre alla WBA».
Alcuni media e lo staff di Parker l’accusano di eccessive interruzioni.
«Parker dopo pochi round ha capito che non avrebbe potuto vincere e legava molto: era sottoposto al jab sinistro di Joshua e si infilava sotto. Mi ha lasciato perplesso che Parker non cercasse la corta distanza per lavorare ma per legare, a Joshua andava bene: posso aver anticipato troppo un paio di break, ma non credo di aver limitato lo spettacolo. Joshua è una montagna di muscoli, tecnico e intelligente. Parker ha cercato di sopravvivere e c’è riuscito: è il primo che non è andato ko pur perdendo ai punti, ma se combattono cento volte vince sempre Joshua».
Le è dispiaciuto?
«Non è piacevole, ma come mi hanno detto è normale: a quei livelli i match hanno milioni di spettatori, le critiche ci stanno ma si va avanti».
I soldi e la grande boxe ora sono in Gran Bretagna?
«Sono i numeri uno al mondo, come la Germania anni fa. In Italia speriamo cambi qualcosa: le potenzialità ci sono, mancano soldi e tv. I nostri pugili pro non sono tali: non si campa con la boxe, vent’anni fa quando arbitravo titoli italiani prendevo 35.000 lire. Il mondiale in questo è stato un po’ deludente: la paga standard è 1.900 dollari, poi in base alle borse le cifre possono variare ma di poco. È più la gloria che la moneta».