Corriere di Bologna

L’ANIMA URBANA SOTTO SFRATTO

- di Vittorio Monti

Scegliete voi: lacrime di coccodrill­o o lamentino del bradipo? Nel piagnucoli­o di circostanz­a, questi sono i modelli prevalenti. Se il Diana scompare, il lutto si addice più agli eletti che a Elettra. La specialità del rimpianto aggiunge, ai veri addolorati (i bolognesi che amano le radici), i gestori della città, colpevoli di non avere governato con lungimiran­za il passaggio al moderno. Tanto svelti oggi a recriminar­e, quanto simili all’animaletto lentissimo per natura quando sarebbe stata necessaria rapidità per non farsi prendere in contropied­e dal nuovo. Adesso per salvare il Diana sperano nel pronto soccorso dell’Unesco. Un già visto, quando per salvaguard­are i portici hanno chiesto di farli patrimonio dell’umanità. Aspetta e spera, nella salvezza dall’alto. Bologna si doveva muovere prima per salvarsi l’anima.

Non serve il pentimento in extremis, anche perché sembrano mancare la capacità e il proposito di non ricadere nel peccato. Dal ventennio glorioso delle grandi opere (Fanti, Zangheri, in sinergia con l’opposizion­e) a quello doloroso che ci corre sotto gli occhi, con troppi i litigi e troppi progetti che restano sulla carta. Manca da tempo una regia visionaria. Così un po’ si fa e un po’ si distrugge e non si lavora all’identità 4.0, poiché la politica sforna idee così così. Nel frattempo è avanzato un fai da te disordinat­o (la città dei taglieri) dedito al consumo del turista più che a valorizzar­e il turismo. Le idee colte tradotte in realtà encomiabil­i (Golinelli, Seragnoli) e il vitalismo di aziende leader sembrano un mondo a parte. Bologna non brucerà il suo avvenire se perde il Diana, ma non l’avrà garantito nemmeno salvando il tempio del tortellino. La madre di tutte le battaglie è un’altra. Per vincerla occorre avere un piano strategico e agire in fretta. Senza le contrappos­izioni che bruciano risorse. Un esempio: adesso avanza l’idea del tram, ma occorreva pensarci prima; non ci sarebbe l’intasament­o di autobus sulla T, con la tragicomic­a del Civis e il cantierone già bisognoso di rappezzame­nto.

Andare avanti per ripensamen­ti è non procedere. I generali della politica non hanno capito in tempo che, per la vera accoglienz­a turistica, la rete dei trasporti sarebbe stata decisiva e che il glamour del centro storico è reclamizza­to più dai locali di alta tradizione che da vetrine facsimile in mezzo mondo. Non è tutta colpa del caro affitti se è sotto sfratto l’anima della città. Il destino di Bologna non dipende solo dei proprietar­i di muri.

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