L’ANIMA URBANA SOTTO SFRATTO
Scegliete voi: lacrime di coccodrillo o lamentino del bradipo? Nel piagnucolio di circostanza, questi sono i modelli prevalenti. Se il Diana scompare, il lutto si addice più agli eletti che a Elettra. La specialità del rimpianto aggiunge, ai veri addolorati (i bolognesi che amano le radici), i gestori della città, colpevoli di non avere governato con lungimiranza il passaggio al moderno. Tanto svelti oggi a recriminare, quanto simili all’animaletto lentissimo per natura quando sarebbe stata necessaria rapidità per non farsi prendere in contropiede dal nuovo. Adesso per salvare il Diana sperano nel pronto soccorso dell’Unesco. Un già visto, quando per salvaguardare i portici hanno chiesto di farli patrimonio dell’umanità. Aspetta e spera, nella salvezza dall’alto. Bologna si doveva muovere prima per salvarsi l’anima.
Non serve il pentimento in extremis, anche perché sembrano mancare la capacità e il proposito di non ricadere nel peccato. Dal ventennio glorioso delle grandi opere (Fanti, Zangheri, in sinergia con l’opposizione) a quello doloroso che ci corre sotto gli occhi, con troppi i litigi e troppi progetti che restano sulla carta. Manca da tempo una regia visionaria. Così un po’ si fa e un po’ si distrugge e non si lavora all’identità 4.0, poiché la politica sforna idee così così. Nel frattempo è avanzato un fai da te disordinato (la città dei taglieri) dedito al consumo del turista più che a valorizzare il turismo. Le idee colte tradotte in realtà encomiabili (Golinelli, Seragnoli) e il vitalismo di aziende leader sembrano un mondo a parte. Bologna non brucerà il suo avvenire se perde il Diana, ma non l’avrà garantito nemmeno salvando il tempio del tortellino. La madre di tutte le battaglie è un’altra. Per vincerla occorre avere un piano strategico e agire in fretta. Senza le contrapposizioni che bruciano risorse. Un esempio: adesso avanza l’idea del tram, ma occorreva pensarci prima; non ci sarebbe l’intasamento di autobus sulla T, con la tragicomica del Civis e il cantierone già bisognoso di rappezzamento.
Andare avanti per ripensamenti è non procedere. I generali della politica non hanno capito in tempo che, per la vera accoglienza turistica, la rete dei trasporti sarebbe stata decisiva e che il glamour del centro storico è reclamizzato più dai locali di alta tradizione che da vetrine facsimile in mezzo mondo. Non è tutta colpa del caro affitti se è sotto sfratto l’anima della città. Il destino di Bologna non dipende solo dei proprietari di muri.