VERITÀ E CONTRADDIZIONI DELLE EX DONNE DEI NERI
Al processo Cavallini i racconti (spesso divergenti) di Sbrojavacca, Loreti e Venditti
Al processo Cavallini sfilano le ex donne dei terroristi neri e intanto il giudice dispone una nuova perizia sull’esplosivo.
Il processo a Gilberto Cavallini entra nel vivo e in aula iniziano a sfilare i protagonisti di quella terribile stagione di stragi e omicidi politici. O, meglio, le protagoniste. Ieri, infatti, a Palazzo Pizzardi, è stata la volta di Flavia Sbrojavacca, Elena Venditti e Cecilia Loreti, rispettivamente l’ex compagna dell’imputato e madre di suo figlio, la ex di Luigi Ciavardini e la sua amica Cecilia, all’epoca fidanzata di Marco Pizzari, giustiziato dai Nar perché ritenuto un delatore. Tre donne molto diverse fra loro, che hanno reso testimonianze altrettanto diverse, le ultime due, in particolare, per alcuni aspetti divergenti. Ma la quarta udienza di questo nuovo processo per la strage del 2 agosto 1980 (85 morti e 200 feriti) è stata segnata anche dalla decisione del presidente del collegio, Michele Leoni, di disporre una nuova perizia chimico-esplosivistica sulla bomba che sventrò la stazione.
La perizia, che sarà affidata al consulente Danilo Coppe, fra i massimi esperti in Italia della materia, servirà a chiarire, ha spiegato Leoni, alcune perplessità sollevate nella sentenza di appello del ‘94 circa la percentuale di composizione dell’esplosivo, chiarimento da cui potrebbe derivare un aiuto per risalire alla provenienza dell’esplosivo. Non solo, Leoni chiederà al consulente anche di spiegare se all’innesco fosse collegato un timer elettrico o un temporizzatore chimico. Nel primo caso l’attentatore avrebbe avuto più tempo per allontanarsi, conoscendo l’istante esatto dell’esplosione, nel secondo invece avrebbe potuto restare ferito. La decisione ha colto di sorpresa le parti, che ora potranno nominare propri consulenti e porre altri quesiti. Leoni ha chiesto ai pm — Enrico Cieri, Antonello Gustapane e Antonella Scandellari — di reperire, se ancora esiste, un campione, anche se microscopico. Diversamente, il lavoro si baserà su una rilettura delle perizie passate alla luce delle nuove tecniche.
Le donne, dicevamo. Tutte e tre sentite non in quanto protagoniste attive di azioni criminose (solo la Venditti ha una condanna passata in giudicato per banda armata e associazione eversiva, fece parte di Terza Posizione), ma perché legate sentimentalmente in quegli anni bui a uomini che hanno ucciso (Cavallini e Ciavardini) o sono stati uccisi,(Pizzari). Flavia Sbrojavacca, 58 anni, trevigiana, innamoratasi per sua sventura a 18 anni di un uomo che diceva di chiamarsi Gigi Pavan e di lavorare per una compagnia petrolifera. Era Cavallini. Da lui Flavia ha avuto un figlio, Federico, nato poco prima della bomba di Bologna e per il quale, forse più che per se stessa, ha deciso di vivere una lunga latitanza dopo aver scoperto la vera identità di Pavan, nel novembre dell’80. «Mio figlio aveva pochi mesi — ha detto ieri — e sapevo che se fossi tornata a Treviso mi avrebbero arrestata». Per il resto, la deposizione di Sbrojavacca è un continuo «non ricordo». «Quei momenti ho preferito dimenticarli piuttosto che rivangarli». E infatti, a quanto pare, la signora non rammenta nulla, dunque alla maggior parte delle domande dei pm, dell’avvocato di parte civile Andrea Speranzoni, e di quelli della difesa, Alessandro Pellegrini e Gabriele Bordoni, risponde alzando le spalle o rifacendosi a dichiarazioni rese in passato.
Un’altra vita segnata è quella di Cecilia Loreti, romana, classe ‘62. Fidanzata di Pizzari e per questo amica di Ciavardini e della Venditti, nel settembre dell’80 la sua vita è precipitata in un incubo. Sentiti a lungo dalla Digos di Roma, lei e Pizzari raccontarono molte circostanze che contribuirono a inguaiare Ciavardini e per questo i Nar li condannarono a morte. Lei, dopo un anno trascorso in un luogo protetto, si salvò. Lui no. «Ma noi non abbiamo mai fatto parte di quel gruppo politico, dissero che eravamo traditori, non era vero, eravamo ragazzini poco consapevoli della gravità delle azioni di chi ci stava attorno, ma non militanti», ha detto ieri con la voce più volte rotta dal pianto. E ha ringraziato lo Stato «che ci è stato vicino allora e in seguito».
Nelle sue risposte, però, non sono mancate contraddizioni. C’è una circostanza in particolare su cui tutti si sono a lungo soffermati: la telefonata che Ciavardini avrebbe fatto alla Loreti o Pizzari (chiamando un parente di lei: all’epoca i telefoni erano pochi) l’1 agosto per dire ai suoi amici e, tramite loro, alla sua fidanzata, di rinviare di due giorni un viaggio a Venezia. Ma sulla stessa chiamata Loreti negli anni ha fornito diverse versioni e la sua ex amica Venditti è invece certa che sia stata fatta il 2 agosto, dopo lo scoppio della bomba: come a dire, viaggio rinviato non perché Ciavardini sapesse ma perché l’Italia quel giorno era tagliata in due.
Venditti, anche lei romana, 60 anni, lo ha ribadito anche ieri: «Ne sono certa», ha detto rifacendosi al libro Non mi abbracciare in cui racconta la sua storia e la storia d’amore con Ciavardini. «Sulla carta ho cristallizzato la mia verità». Venditti, come Sbrojavacca con Cavallini, non vede Ciavardini da ormai una trentina d’anni. «L’unico contatto recente con Luigi è un messaggio che mi ha mandato quando è uscito il libro: se ne avessi fatto un film la sua parte l’avrebbe potuta interpretare suo figlio, mi ha scritto».
” Venditti Quando è uscito il mio libro Ciavardini mi ha mandato un messaggio dicendomi che se ne avessi fatto un film la sua parte l’avrebbe potuta interpretare suo figlio