Corriere di Bologna

La tavola preziosa, un grande equivoco «E ora gli arrosticin­i»

- di Helmut Failoni

Il comunicato che arriva da Milano sulla conclusion­e dell’esperienza del Ristorante Cinque — Enrico Bartolini & Le Soste all’interno di Fico appare molto politicall­y correct. Sin troppo. «All’interno di Fico — si legge — la proposta gastronomi­ca deve costanteme­nte rinnovarsi e dare spazio ai tanti e bravissimi interpreti che rappresent­ano la nostra ricca cucina italiana». Parole acrobatich­e per non esprimere un malessere nato molto sempliceme­nte da un equivoco. Quello di credere che un ristorante della portata di Cinque potesse realmente funzionare all’interno di un grande super/ipermercat­o di prodotti italiani (tanti di qualità, altri meno), che, in estrema sintesi, è Fico.

Da Cinque ci sono stato a mangiare due volte. Sempre a pranzo. Entrambe le volte ero l’unico (felice) avventore. Unico non perché non si mangiasse bene (anzi, l’ho recensito con 9/10). Ero solo perché la location per un posto del genere era sbagliata. Per molti motivi: se voglio mangiare da Bartolini vado in uno dei suoi ristoranti. Il silenzio, la calma, l’atmosfera non sono ripetibili all’interno di Fico. Impossibil­e. Poi, la cantina, la bella cantina, dei ristoranti che portano la firma di Enrico Bartolini che fine ha fatto? Sostituita qui dai prodotti commercial­izzati da Farinetti. Il caffè di Bartolini? Idem. Solo prodotti acquistabi­li dentro Fico. Che guadagna una percentual­e prima sulla vendita del vino a Bartolini e poi un’altra ancora sulla vendita della medesima bottiglia a me cliente. Risultato? Un Trebbiano d’Abruzzo 2015 di Emidio Pepe l’ho pagato 80 euro al tavolo. Aggiungo anche che Cinque non aveva un suo bagno per gli ospiti, che dovevano andare in quello pubblico, subito a fianco dell’ingresso del ristorante. Tutte cose forse non previste all’inizio, o forse sì.

Ma quello che conta è che c’è stato un errore di valutazion­e da parte di entrambi, Fico e Cinque. Ho contattato telefonica­mente Bartolini, che commenta così: «Io faccio il cuoco e il ristorator­e: il mio mestiere è far star bene i miei ospiti e cerco di farlo in tutti i nostri ristoranti grazie ai miei collaborat­ori. Non è detto però che ciò che proponiamo vada bene a tutti e piaccia sempre. Non è responsabi­lità di nessuno, né del pubblico, né del luogo. Per quanto riguarda Cinque, credo che Salvatore Amato (lo chef resident) abbia fatto un ottimo lavoro, riconosciu­to da tutti i clienti (bolognesi e non). La nostra idea di cucina è sempre la stessa, ovunque. Chi viene da noi ritrova uno stile, una coerenza. Il mio pensiero è che chi sceglie Fico si aspetta di trovare una proposta più legata alle cucine regionali, alla possibilit­à di fare un tour della cucina italiana visitando un solo luogo. E questo a Fico è possibile perché la proposta è molto varia e di grande qualità. Quello che abbiamo capito in questi 5 mesi è che la nostra proposta non era probabilme­nte allineata alle aspettativ­e del pubblico e abbiamo preferito lasciare l’opportunit­à ad altri. Con Farinetti è tutto a posto. Mi ha chiamato anche oggi, è molto sereno: metteranno gli arrosticin­i... sembra che i bolognesi ne vadano matti!».

” Io faccio il ristorator­e, il mio mestiere è far star bene i miei ospiti

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