Diana, summit in Comune Nomisma: bisogna fare di più
Evitare la chiusura del ristorante Diana, un simbolo, non sarà semplice, ma il Comune farà di tutto. Lo storico ristorante è sotto sfratto, con esecuzione nel 2020. Al suo posto arriverebbe un negozio d’abbigliamento, in grado di pagare un affitto molto importante. Proprio com’è successo al cinema Capitol un anno fa. Del possibile salvataggio ne hanno riparlato ieri il direttore generale di Ascom Giancarlo Tonelli, al lavoro anche nelle scorse settimane, e l’assessore al Commercio Alberto Aitini, che martedì ha annunciato di voler utilizzare per la prima volta il decreto Unesco con cui quale si impedirebbe il cambio di destinazione d’uso: «Ci stiamo lavorando».
Oggi, dopo l’incontro dell’assessore con il gestori del Diana, la situazione sarà più chiara. Qualsiasi previsione è azzardata. Come quella di spostare altrove lo storico ristorante, addirittura a Fico (magari con tutta la mobilia, specchi e orologi…), orfano da poco dello chef Bartolini. In una città dove il cibo (dei taglieri) avanza a spron battuto, getta la spugna uno chef pluristellato e addirittura il Diana, nell’ex salotto di via Indipendenza. Effetti del mercato. Lo dice anche Luca Dondi di Nomisma, che però indica un paio di strade possibili per evitare o limitare ulteriori e più gravi danni in futuro. E comunque al netto dei disastri già avvenuti.
«Inutile stupirsi se certi fenomeni non vengono gestiti, se non si avverte l’importanza degli esercizi storici e connotanti: è naturale che queste eccellenze vengano soppiantate da altre marche che hanno logiche di mercato precise. All’identità culturale, alla memoria delle tradizioni, alla salvaguardia della qualità come presidio dalla standardizzazione qualcuno dovrebbe pensarci, prima». Si pensa al decreto Unesco. «Ho letto, ma non so se può risolvere la questione una volta per tutte. Servirebbe un presidio e una visione da portare avanti tutti i giorni e non una soluzione tampone. Questa città non ha
” Luca Dondi Servirebbe un presidio e una visione da portare avanti tutti i giorni e non una soluzione tampone
fatto una scelta di difesa chiara e netta (si veda anche via San Vitale o via Petroni, ndr) e questa è una delle conseguenze. C’è stato un governo ombra». Cioè che ha lasciato fare. «Così mi pare. Sapere che c’è una politica di tutela di certe insegne aiuterebbe».
In concreto, decreto a parte, cosa servirebbe? «Più che limitare il proprietario privato — sostiene l’analista di Nomisma — dovremmo lavorare sulla creazione di un vantaggio economico per il Diana che lo metta in condizione di sostenere spese più alte, quindi salvaguardare e aiutare quel segmento connotante e positivo che sostiene l’economia cittadina. In secondo luogo, se la deriva commerciale non si può impedire, trovare e ricreare altre zone, tipo Brera a Milano, caratterizzate e di nicchia dove potrebbe starci anche un nuovo Diana».