Kurt Elling, una (grande) voce per il jazz americano
Stasera a Imola il celebre crooner sarà ospite insieme al suo gruppo per il festival Crossroads
Il padre era un musicista e suonava in una chiesa di Chicago, la sua città natale, mentre lui sin da ragazzo cantava nel coro. Poi, crescendo, mentre studiava filosofia e teologia all’Università, è arrivata la scoperta dei jazz club. Di Herbie Hancock, Wayne Shorter, Miles Davis e dei prediletti Dexter Gordon e Lester Young, visto che è un patito del sax tenore, «uno strumento che canta perché ha lo stesso timbro della voce umana». Il cinquantenne cantante americano Kurt Elling, tra i più importanti vocalist jazz internazionali, questa sera sarà ospite del festival itinerante Crossroads, alle 21,15 al Teatro Ebe Stignani di Imola (ingresso 20 euro). Al suo fianco una band che comprende Stuart Mindeman a pianoforte e organo Hammond, John McLean alla chitarra, Clark Sommers al contrabbasso e Jeff ‘Tain’ Watts alla batteria. Dopo un lungo sodalizio con la Blue Note inizato nel 1995 con l’album «Close Your Eyes», contenente anche temi di Wayne Shorter e Herbie Hancock, nel 2007 Elling è approdato alla Concord e sotto l’egida del producer Don Was, pseudonimo di Donald Fagenson, specializzato in Bob Dylan e Rolling Stones, un nuovo corso nella sua carriera è arrivato nel 2011 con l’album «The Gate». Dove passava da Steppin Out di Joe Jackson a Norvegian Wood dei Beatles e After The Love Has Gone, riproposizione di I Am degli Earth, Wind & Fire. L’anno successivo ecco «1619 Broadway - The Brill Building Project», un tuffo nella canzone statunitense tra anni 50 e 60 con riscritture di The House is Not a Home di Burt Bacharach e Come Fly With Me di Frank Sinatra. E poi, ancora, «Passion World» nel 2015, con canzoni raccolte in un arco di quasi cinque anni andando in giro per il globo, da Cuba all’Islanda, dalla Scozia alla Francia, a volte scrivendo anche nuovi testi, come ha fatto anche su improvvisazioni musicali jazz. Più di recente, nel 2016, è toccato a un disco di songs natalizie, «The Beautiful Day». Elling, vincitore del Grammy, utilizza la sua voce baritonale la servizio di standard e di collaborazioni come con quelle stabilite in passato con Terence Blanchard, Dave Brubeck, Al Jarreau, Wayne Shorter e Pat Metheny. Il crooner di Chicago, che ama inserire in scaletta anche qualche canzone da interpretare nella lingua del Paese che lo ospita, vive da tempo a New York, che considera ancora la più grande calamita al mondo per quel che riguarda la musica jazz mentre i suoi concerti sono spesso conditi da letture e declamazioni poetiche.