Donadoni, gli striscioni Guidolin: «Lo capisco»
Spuntato anche un lenzuolino favorevole a Roberto Donadoni («Siamo in tanti con te, vai avanti»), per pareggiare il conto dei messaggi, il dibattito sul tecnico rossoblù resta l’unico argomento che spopola tra gli sportivi bolognesi. Inviso a molti, più per questioni di empatia che non tecniche — nonostante tutti sappiano, a parole, far meglio di lui — Donadoni paga il non essere carismatico nella piazza, se non istrionico, ovvero la sua tendenza a isolarsi, tacere e non condividere con Bologna il suo ruolo di comando. Allenare il Bologna equivale condurre una città, tocca farlo e saperlo fare quasi più che conoscere le tattiche e indovinare una formazione.
Dopo i fischi della tribuna, e le critiche mirate più a Donadoni che alla squadra, è arrivato il messaggio della curva. Ufficialmente legato a una frase sgradita — dire a dei tifosi di cambiare squadra da andare a vedere non è un’idea brillante, salvo non voler far nascere un caso — lo striscione firmato dalla Andrea Costa resta comunque uno spartiacque nell’attuale gestione. Di solito se non arriva un’inversione di rotta e un consolidamento dei rapporti, queste vicende finiscono in un divorzio.
Il Bologna però ha le mani legate. Dopo averne difeso il lavoro e apprezzato i risultati pubblicamente, come può il club liberarsi di Donadoni titolare di un contratto fino al 2019? Non può. Si direbbe che al Bologna governa la curva, nella migliore delle ipotesi. Nella peggiore, che al Bologna non comanda nessuno. L’unica exit strategy sarebbe un’offerta a Donadoni da parte di un club di pari o migliore livello: tutti ne uscirebbero bene. Ma il Bologna vuole cambiare? Come tra i tifosi c’era chi avrebbe volentieri appeso uno striscione più duro contro l’allenatore, anche nel club c’è chi sarebbe disposto a vagliare un’alternativa per la panchina. Con il rischio, già scritto, di prendere un tecnico che fa peggio di Donadoni. E allora apriti cielo.
In fondo Roberto ha pedigree internazionale, sta al suo posto, incassa le critiche, rappresenta un parafulmine anche per gli errori della società. E la classifica è con lui. Se però non arriverà un chiarimento — difficile che Donadoni si trasformi caratterialmente in un Mazzone — il rischio di un’estenuante e tesa estate è purtroppo altissimo. Anche perché la situazione del Bologna ricade perfettamente in quello che potremmo definire il «paradosso Donadoni»: messi sulle ascisse i risultati e sulle ordinate le aspettative, la curva della soddisfazione della piazza ha un picco nel quartultimo e quintultimo posto, poi crolla e ricomincia a salire superando i livelli del diciassettesimo posto solo attorno al nono-decimo. In mezzo c’è una sacca di amarezza data dal non lottare per alcun traguardo, esattamente la posizione in mezzo alla quale c’è il Bologna. Affrontare un’altra stagione con questa prospettiva, con un allenatore poco amato e in scadenza, può essere antipatico.