Corriere di Bologna

Universo futurista

- Piero Di Domenico © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Lo spazio è quello progettato nel 1959 dai fratelli Castiglion­i perché divenisse l’atelier creativo e la vetrina dei designer Dino Gavina e Maria Simoncini. Sulla via Emilia al numero 275, poco dopo San Lazzaro di Savena e a due passi dalla Città dei Ragazzi creata da Padre Marella.

A due anni e mezzo dall’acquisizio­ne dal tribunale fallimenta­re, dopo averne evitato la demolizion­e e aver effettuato gli opportuni lavori di restauro, che non hanno però modificato più di tanto gli ampi spazi interni tuttora comunicant­i e disposti su tre livelli, la Fondazione Massimo e Sonia Cirulli, marito e moglie, si presenta a Bologna.

È nata tre anni fa e poggia su un archivio privato di arte italiana contempora­nea avviato a New York nel 1984 che conta diverse migliaia di pezscienti­fico zi. La mostra Universo Futurista, visitabile con ingresso a 10 euro sino al 18 novembre, orari di apertura sul sito fondazione­cirulli.org, è «una wunderkamm­er dell’arte italiana del XX secolo».

Così definisce il nuovo spazio Massimo Cirulli, che proprio a New York, dove negli anni Ottanta si era trasferito da Bologna per studiare economia e poi per lavorare come consulente finanziari­o di banche, ebbe l’intuizione di iniziare a raccoglier­e materiali sul made in Italy, considerat­o una prosecuzio­ne della trasversal­e e nevralgica stagione futurista. A cominciare dai manifesti per arrivare a opere di pittura, scultura, design, grafica, illustrazi­one e fotografia, disegni preparator­i e progetti archil’ombra. tettonici. Davanti all’ingresso dello spazio, dove negli anni sono passati Man Ray e Duchamp, Lucio Fontana e Carlo Scarpa, il grande isolatore elettrico presentato dal Giappone alla Triennale di Milano nel 1957 e all’epoca acquistato da Gavina. Sulla vetrata d’ingresso una frase di Gropius del 1958, «Forse l’Italia è destinata a chiarire su quali fattori della vita moderna dobbiamo fondarci, per recuperare il perduto senso della bellezza».

All’interno la mostra di oltre 200 opere a cura della storica dell’arte Silvia Evangelist­i, in passato alla guida di Arte Fiera e dell’americano Jeffrey Schnapp, docente di Letteratur­a Romanza ad Harvard e fondatore di MetaLab, che sono anche nel comitato Non un percorso cronologic­o quanto piuttosto una serie di stimoli per scoprire gli incroci tra design industrial­e e arte sperimenta­le del XX secolo.

«Il futurismo — precisa la Evangelist­i — con la sua capacità di interferir­e nella quotidiani­tà della vita italiana». Con il salotto progettato dal bologense Tato (Guglielmo Sansoni) nel 1930 per Italo Balbo, gli arazzi di Prampolini e Depero e la spirale dell’Amaro Cora del bulgaro Diulgherof­f. Sino all’ultima sezione incentrata su Mussolini, con le 2 grandi teste caricatura­li del duce realizzate da Giandante X, pseudonimo dell’anarchico e antifascis­ta Dante Pescò.

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