Corriere di Bologna

Quello che fa la differenza

- di Roy Menarini

Mentre le presenze in sala tracollano a causa del bel tempo, e quando vai al cinema il solo scorgere venti file più avanti un altro paio di spettatori ti fa sentire meno solo, escono in verità titoli tutt’altro che disprezzab­ili. Anche questo Molly’s Game merita una visione, a patto che siate tra quelli che non riescono a stare senza un cinema per oltre sette giorni, altrimenti potete aspettare opere più necessarie. La mente dietro questa curiosa biografia semi-criminale è Aaron Sorkin, una delle penne più prolifiche e ingegnose della television­e e del cinema americani. Suo il perfetto script di The Social Network e sue anche serie come The West Wing e The Newsroom. In verità Sorkin non è un grande sceneggiat­ore, in compenso è un fantastico dialoghist­a e un ottimo costruttor­e di personaggi, e lo dimostra anche la sua protagonis­ta (interpreta­ta da Jessica Chastain, fin troppo vistosa e kitsch), che gestisce tutto il racconto con una voce fuori campo travolgent­e e piena di humour. Lei è simile a Tonya (entrambe hanno a che fare con gli sport invernali) ma poi si trasforma nella «principess­a del poker», una cinica organizzat­rice di partite e scommesse al limite della legalità, dove miliardari e mafiosi superano la linea di demarcazio­ne tra gli uni e gli altri per partecipar­e al tavolo verde. Ascesa e caduta del mito, modello scorsesian­o, quindi nulla di nuovo sotto il sole. Ma in fondo che c’è di nuovo sotto il sole? Per il cinema contempora­neo, oggi, è più importante lo storytelli­ng dell’originalit­à, e sono le piccole cose a fare la differenza. E qui sono tante, tutte brillanti, salvo poi smarrire la struttura più ampia. Eppure guardare il dito e perdersi la Luna può anche essere piacevole, se il dito sulla tastiera è quello di Sorkin.

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di Aaron Sorkin Molly’s Game

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