Corriere di Bologna

ADRIATICO, TRA IL TEATRO E LO SPORT

- di Fernando Pellerano

Lo spettacolo è tutto per Andrea Adriatico, regista teatrale e cinematogr­afico. Quindi dovrebbe interessar­le anche lo sport. «Certo, molto. Dirò di più, la mia prima carriera è stata sportiva: giocavo a rugby, sono aquilano. Quando posso, vado a vederlo». All’Arcoveggio? «No, a Roma, il Torneo delle 6 nazioni». Ah, scusi. Per lei qual è il legame fra sport e teatro? «La disciplina sportiva è entrata nel mio lavoro con il rigore, l’attenzione, la preparazio­ne: un legame importante. E comunque dopo la palla ovale c’è lo sci: lì raggiungo un’idea di felicità».

L’ultima emozione sportiva? «Il goal in rovesciata di Ronaldo: spettacola­rità assoluta che crea un effetto fortissimo, di condivisio­ne come di rottura. Qualsiasi elemento eccezional­e di un uomo può essere spettacola­re». Gli undici del Bologna proprio non ci riescono. «Il calcio non appassiona più, qui come altrove. Il mio ultimo eroe in rossoblù è stato Baggio, arrivato in caduta libera e di nuovo capace di scrivere delle storie». Vent’anni fa. E ora? «Serve un’idea, come per la città. Io ripartirei da un gruppo di giovanissi­mi e fortissimi. Ripartire con un sogno, che nel calcio non c’è più. Uso una metafora teatrale: puoi fare buoni spettacoli con persone che richiamano pubblico, oppure inventando una soluzione scenica inattesa. Vorrei una squadra che sorprendes­se». Il suo prossimo lavoro? «Un film, lo girerò in estate». Titolo? «Gli anni amari». Allora parla del Bologna. «No no, tranquilli…».

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