ADRIATICO, TRA IL TEATRO E LO SPORT
Lo spettacolo è tutto per Andrea Adriatico, regista teatrale e cinematografico. Quindi dovrebbe interessarle anche lo sport. «Certo, molto. Dirò di più, la mia prima carriera è stata sportiva: giocavo a rugby, sono aquilano. Quando posso, vado a vederlo». All’Arcoveggio? «No, a Roma, il Torneo delle 6 nazioni». Ah, scusi. Per lei qual è il legame fra sport e teatro? «La disciplina sportiva è entrata nel mio lavoro con il rigore, l’attenzione, la preparazione: un legame importante. E comunque dopo la palla ovale c’è lo sci: lì raggiungo un’idea di felicità».
L’ultima emozione sportiva? «Il goal in rovesciata di Ronaldo: spettacolarità assoluta che crea un effetto fortissimo, di condivisione come di rottura. Qualsiasi elemento eccezionale di un uomo può essere spettacolare». Gli undici del Bologna proprio non ci riescono. «Il calcio non appassiona più, qui come altrove. Il mio ultimo eroe in rossoblù è stato Baggio, arrivato in caduta libera e di nuovo capace di scrivere delle storie». Vent’anni fa. E ora? «Serve un’idea, come per la città. Io ripartirei da un gruppo di giovanissimi e fortissimi. Ripartire con un sogno, che nel calcio non c’è più. Uso una metafora teatrale: puoi fare buoni spettacoli con persone che richiamano pubblico, oppure inventando una soluzione scenica inattesa. Vorrei una squadra che sorprendesse». Il suo prossimo lavoro? «Un film, lo girerò in estate». Titolo? «Gli anni amari». Allora parla del Bologna. «No no, tranquilli…».