Scadono 500 interinali in Philip Morris Cgil: «Era previsto». Ma l’Usb non ci sta
Contratti a termine non vengono rinnovati. L’azienda: «Come da piani, resteranno in 1.600»
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Guarinoni Fin dall’inizio le agenzie che hanno fornito personale a Philip Morris hanno chiarito questo aspetto So anche che in molti si stanno ricollocando nelle aziende del territorio
A poco più di quattro anni dall’annuncio lo stabilimento di Philip Morris a Crespellano per la produzione degli stick di Iqos, la sigaretta che scalda il tabacco senza bruciarlo, è realtà. L’investimento vale un miliardo di euro e 1.200 posti di lavoro, che sommati ai dipendenti dello stabilimento di Zola Predosa portano a quasi 1.600 il numero di dipendenti in forza alla multinazionale del tabacco in provincia. Ma in realtà l’occupazione creata dal colosso americano è stata più alta: fino a 2.300 persone. Ora quel numero sta scendendo. E continuerà fino al raggiungimento dell’occupazione considerata «fisiologica» da Philip Morris: 1.600 unità.
Molti hanno abbandonato Philip Morris a partire da novembre e altre continueranno a farlo, fino a maggio. Quanti, è più difficile da stabilire. Una parte dei lavoratori che usciranno, fanno notare dalla Cgil, è tutelata dall’integrativo siglato a ottobre tra sindacati , Articolo 1 e Logista Italia per i lavoratori in appalto: 201 se ne andranno tra fine 2018 e fine 2019. Quindi il numero di chi esce dovrebbe attestarsi sulle 500 unità.
Nessuna sorpresa per azienda e Cgil, diverso per l’Usb che in un volantino circolato in Gd ha espresso solidarietà a chi è rimasto senza contratto: «Pare si prospetti il ricorso alla cassa integrazione per i dipendenti — attacca il funzionario Sergio Bellavita —. Ciò testimonia come il cospicuo finanziamento pubblico avuto dalla Philip Morris non abbia prodotto alcuna garanzia sociale mentre consente di massimizzare liberamente i profitti sfruttando il lavoro precario».
Critiche respinte da Mauro Sirani Fornasini, ad degli stabilimenti bolognesi di Philip Morris: «Come da piani annunciati, Philip Morris Bologna ha assunto più di 1.200 persone per la struttura di Crespellano negli ultimi quattro anni, con contratti diretti a tempo determinato o indeterminato — replica il manager parlando all’agenzia Dire—. Oltre al piano di assunzioni previsto per l’investimento, in alcuni casi abbiamo attivato anche collaborazioni temporanee o di agenzia, per far fronte a esigenze temporanee fisiologiche legate alla fase di start-up della fabbrica, che per definizione sono soggette a cessazione». Insomma, per Sirani l’addio degli interinali era nei piani: «Questo non influisce sul nostro piano di mantenere fino a 1.600 persone nel complesso, con contratti diretti a tempo determinato o indeterminato».
Nessuna sorpresa nemmeno per la Cgil: «Fin dall’inizio le agenzie che hanno fornito personale a Philip Morris hanno chiarito questo aspetto», spiega il segretario della Filctem Roberto Guarinoni. E parte dei fuoriusciti starebbe trovando un altro lavoro: «So anche che in molti si stanno ricollocando nelle aziende del territorio, nel settore chimico e in quello meccanico», assicura il sindacalista.
Che rispedisce al mittente le voci sulla cassa integrazione: «Non è vero, il problema è esattamente opposto, visto che c’è una grande domanda di lavoro». Tanto che il sindacalista avverte anche Philip Morris, che secondo le parole di Sirani considera i 1.600 occupati come la somma tra posti fissi e contratti a termine: «Per quanto riguarda noi, quei 1.600 devono essere tutti a tempo indeterminato. Poi, se ci sono picchi produttivi, si può parlare di aggiungere dei contratti a termine».
Intanto in un’altra big del territorio, La Perla, è partita la solidarietà per i dipendenti. Nei prossimi giorni l’incontro con i nuovi proprietari di Sapinda per la presentazione del piano industriale.