Trilogia incompiuta Ora ci prova il fondo Atlantic
L’edilizia sociale doveva ridisegnare il quartiere. Ma ora c’è chi investe sull’Unicum e le altre abitazioni
Al Navile tornano a muoversi i soldi e gli interessi finanziari di potenziali investitori. Dopo la crisi che ha tagliato le gambe a tutti i progetti e alle aziende edilizie impegnate nel quartiere, ora ci provano i fondi: Atlantic 1 sarebbe interessato a raccogliere i crediti incagliati delle banche per sviluppare un progetto di real estate nella zona. Dopo l’operazione degli Npl di Unicredit legati a Valdadige, il prossimo obiettivo può essere Unicum di Cesi e Galotti. Per il presidente del quartiere Daniele Ara, il Navile sta vedendo «la luce in fondo al tunnel». Anche le ex Officine Minganti.
Forse si vede una luce in fondo al tunnel del Navile, arredato con ruspe, transenne e rifiuti, in quel deserto che è diventata la zona dietro gli uffici comunali di piazza Liber Paradisus. Lì dove la crisi edilizia ha raso al suolo ogni speranza di rilancio, tornano a muoversi soldi e interessi finanziari. Lì dove sorgono templi eretti nel momento sbagliato, dove i progetti urbanistici hanno cozzato inesorabilmente contro la catena di fallimenti di aziende e coop edilizie, dove i pochi residenti si sono sentiti abbandonati per anni, ora qualcosa si muove.
I crediti incagliati dei progetti abbandonati, residuo della liquidazione di Valdadige, Cesi, Cir, Coop Costruzioni, Galotti e altre, sono oggetto di interesse di fondi di real estate pronti a investire nuovamente sul Navile. Uno in particolare, il fondo Atlantic 1, sarebbe già attivo per quanto riguarda la parte di crediti legata a Valdadige, acquisiti nell’ambito della maxi cessione di Npl operata da Unicredit. Ma il fondo sarebbe interessato a non fermarsi, procedendo al rastrellamento di ulteriori crediti e quindi terreni e immobili da sviluppare o completare. Il prossimo obiettivo sarebbe Unicum, l’altro moderno complesso edilizio mai ultimato che regna nella radura del Navile. Un’operazione da cento milioni di euro da condurre su due filoni perché Unicum era un progetto a metà tra Cesi e Galotti. La parte dell’azienda imolese sarebbe già nelle mani di una società di intermediazione bolognese, per gli Npl dell’altra parte bisogna bussare da Intesa San Paolo. Un’operazione finanziaria e di real estate, perché dopo aver acquisito Npl a prezzi favorevoli sarebbe possibile sviluppare progetti in larga scala al Navile scommettendo sulla ripresa e trovando la modalità di realizzare quei disegni ipotizzati dal Comune e naufragati nel mare della crisi.
Nel 2007, infatti, da assessore all’Urbanistica, proprio Virginio Merola aveva dipinto per quel quartiere un futuro roseo legato all’edilizia sociale — 300 erano le abitazioni progettate — e al rilancio. Sono rimaste invece poche unità vendute, uno studentato, un poliambulatorio e una pletora di cause, liti, spese di urbanizzazione rimpallate e fallimenti. Il sogno era la ripresa del Navile e una propulsione alle compravendite, la realtà è stata costellata da bandi deserti, nonostante i 6 milioni destinati dalla Regione e i 3 messi dal Comune.
Ora, forse, questa pagina amara resterà un ricordo. Se le realtà finanziarie pronte a investire avranno più fortuna delle aziende precedenti, nel 2030 il Navile potrebbe avere un’altra fisionomia. All’Unicum s’era pensato anche di realizzare un hotel, idea poi abortita perché la struttura eretta è inadatta a un restyling. Quel palazzo e la Trilogia Navile sono stati il simbolo di un decennio di stenti, una crisi che sembrava non vedere la fine. Le ruspe abbandonate, però, sembrano destinate a lasciare spazio a un panorama migliore. I (pochi) residenti attendono sviluppi. Anche da un credito incagliato può nascere un fiore.
Atlantic 1, già sui crediti di Valdadige, punta ad altri Npl nell’area colpita dai crac edilizi