Corriere di Bologna

L’Emilia scala la classifica delle regioni Ue più ricche

I dati Eurostat: abbiamo il 50esimo Pil pro capite relativo tra le regioni dell’Unione

- Rimondi

In ripresa in Italia e, adesso, anche in Europa. L’Eurostat certifica la ripartenza dell’Emilia-Romagna. Che, per la prima volta dopo anni, torna a crescere più velocement­e anche del Vecchio continente. Il Pil pro capite in termini di potere d’acquisto è del 21% più alto della media europea.

In ripresa in Italia e, adesso, anche in Europa. Pure l’Eurostat certifica la ripartenza dell’Emilia-Romagna. Che, per la prima volta dopo diversi anni, torna a crescere più velocement­e anche del Vecchio continente. Nel 2016, ultimo anno disponibil­e, la via Emilia aveva un Pil pro capite misurato in termini di potere d’acquisto più alto del 21% rispetto alla media europea. In aumento, rispetto al 2015, di tre punti. Nell’ultimo decennio è solo la seconda volta che, fatto 100 il Pil pro capite in termini di potere d’acquisto dell’Europa a 28, quello emiliano cresce. Il precedente è datato 2011: per il resto, si è sempre registrata una discesa.

Un lento declino che ci ha portati dall’essere, nel 2007, la trentanove­sima regione più ricca dell’Unione europea con un potere d’acquisto del 30% più alto rispetto al resto d’Europa al sessantune­simo posto datato 2015, più alto «appena» del 18%. Ma nell’anno successivo, in un colpo solo, la via Emilia ha recuperato 11 posizioni. Insomma, se la locomotiva d’Italia per anni ha continuato a viaggiare più lentamente dell’Europa, ora segnali di vita ci sono anche oltreconfi­ne.

«Abbiamo ripreso a muoverci al ritmo delle altre regioni europee con le quali abitualmen­te ci confrontia­mo — riconosce il direttore del centro studi di Unioncamer­e Guido Caselli — La crescita si sta allargando ad altri settori. Non è limitata solo ad alcune imprese del manifattur­iero o del terziario, ma si sta diffondend­o. Le previsioni per il 2018 danno ancora un anno di buona crescita». Davanti all’Emilia-Romagna, in tutta la regione, ci sono solo Bolzano, Lombardia, Trento e Aosta. «Ma se ci confrontia­mo con la Lombardia al netto di Milano — rileva Caselli — i dati sono assolutame­nte allineati».

Non mancano, però, gli elementi di preoccupaz­ione: «Bisogna vedere quale sarà l’evoluzione del futuro. Sull’occupazion­e bisognerà vedere come il boom di contratti a termine, molte volte con poche tutele, potrà essere sostenuto e se continuerà nei prossimi anni — osserva Caselli —. Abbiamo una struttura produttiva che, tranne alcune eccellenze, vede ancora un livello di tecnologia medio basso. Non sono tante le imprese che hanno intrapreso la strada dell’ndustria 4.0». L’altro tema non di poco conto, in questa classifica, è il modo in cui viene calcolata. Che premia anche un’inflazione non esagerata e nulla dice sull’evoluzione dei redditi: «Lì c’è un livellamen­to verso il basso», rileva lo studioso.

Dati meno aggiornati, risalenti al 2015, per le province. Qui Bologna continua a perdere: nel 2006 occupava la posizione numero 105 delle province europee, nove anni dopo la numero 140. Con un Pil pro capite rapportato al potere d’acquisto sceso da 147 a 136 punti. Ma resta il territorio più ricco della regione, mentre in fondo si trova Ferrara: nel 2006 era appena sopra la media (del 2%), nel 2015 il potere d’acquisto dei ferraresi era del 10% più basso della media europea.

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Il Pil pro capite dell’EmiliaRoma­gna, espresso in potere d’acquisto, è salito nel 2016

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