Corriere di Bologna

Quel «viaggio in fa minore» con un meraviglio­so Haydn

IL CONCERTO CON LA ROTTERDAM PHILHARMON­IC ORCHESTRA Al Manzoni la bacchetta di Nézet-Séguin e il pianoforte di Yuja Wang

- di Helmut Failoni

Yannick Nézet-Séguin, prossimo direttore musicale del Metropolit­an di New York (dal 2020) è una persona dallo sguardo solare, bassa di statura, dall’aria palestrata, e quando fa la sua apparizion­e sul podio del Manzoni indossa una camicia bianca, pantaloni e scarpe nere, dirige tutto a memoria, sorride quando si «tira dietro» gli eccellenti musicisti della Rotterdam Philharmon­ic Orchestra (di cui è direttore principale) nel suo — mi piace definirlo — viaggio in fa minore. Il concerto (di contagioso entusiasmo) firmato da Bologna Festival si apre e si chiude infatti su quella stessa tonalità. Si parte con la Sinfonia n. 49 in fa minore Hob. I: 49 «La passione» di Haydn e si chiude con la Sinfonia n. 4 in fa minore op 36 di Cajkovskij. In mezzo un poco della metallica (e certamente ipervirtuo­sistica) muscolosit­à delle dita di Yuja Wang, star cinese del pianoforte, affermatas­i a livello internazio­nale per aver sostituito all’ultimo momento la somma Martha Argerich nel Concerto nr. 1 di Cajkovskij con la Boston Symphony Orchestra e per essere poi stata chiamata da Claudio Abbado per alcuni concerti. Con l’Orchestra Mozart e con la Mahler Chamber Orchestra, insieme alla quale ha inciso il Concerto n. 2 di L’altra sera la star cinese, che punta molto (d’accordo con la sua casa discografi­ca ovviamente) su un look molto aggressivo ed elegante al contempo, si è seduta al pianoforte per il Concerto n. 4 di Rachmanino­v. Lo confesso. Pur riconoscen­dole una tecnica con pochi rivali, non l’ho mai apprezzata più di tanto: probabilme­nte è un mio limite, ma a mio avviso le manca il volo verso il cielo. È una super macchina di suoni. Spesso infallibil­e, ma rimane solo e soltanto una super macchina. Gioca tutto, o quaRachman­inov. si, su repertori in grado di mettere in mostra e valorizzar­e l’aspetto tecnico virtuosist­ico, che padroneggi­a spesso come una regina della tastiera. Nel primo dei due bis (ultimo movimento della Sonata nr. 7 di Prokof’ev), stupisce con quegli accordi a ritmo for- sennato il pubblico che non conosce la pagina. In realtà si è persa in quelle acrobazie, come un barman poco esperto che lancia in aria lo shaker per fare colpo sulla clientela ma nel volo si perde preziose gocce dell’anelato drink. Meglio, molto meglio nel secondo bis, una delle Romanze senza

parole di Mendelssoh­n, dove qualche languore si fa strada e la musica respira, uscendo da quello stato di apnea dove era stata costretta fino a poco prima. L’orchestra, sotto la guida di Nézen-Séguin, che ha un gesto controllat­o, deciso, di eleganza latente, suona benissimo, con potenza e brillantez­za (corni superlativ­i). Con Cajkovskij, nei primi due movimenti, si perdono però per strada quegli angoli scuri della partitura. A proposito del primo movimento il compositor­e scriveva infatti: «Tutta la vita è un’ininterrot­ta alternativ­a di dura realtà. Non esiste un porto. Dobbiamo navigare su questo mare finché esso non ci inghiotte e non ci sommerge nelle sue profondità». La lettura di Nézen-Séguin di questa Quarta è scintillan­te, ma troppo americana e ottimistic­a. Meraviglio­sa invece l’esecuzione della Sinfonia n. 49 «La passione» di Haydn. Lucentezza, trasparenz­a, un suono compatto e volatile in uno Stile Galante proiettato con forza verso lo Sturm und Drang.

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Yuja Wang (foto di Roberta Serra/Bologna Festival)
Dal vivo Un momento del concerto di Bologna Festival del 24 aprile al Manzoni di Bologna con la Rotterdam Philharmon­ic Orchestra diretta da NézetSégui­n con la pianista cinese Yuja Wang (foto di Roberta Serra/Bologna Festival)

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