DONNE OPERAIE STORIA DI «PALTADORE»
Martedì al teatro Comunale un racconto che esalta il lavoro femminile, in particolare alla Manifattura Tabacchi. Nell’impresa si cimentano cinque compagnie modenesi con uno spettacolo che va sotto il titolo di «Oriele e la fabbrica del tabacco», vicenda d
Dopo la guerra per qualche anno nei teatri comunali di Bologna e Modena si rappresentò il «teatro di massa». Erano spettacoli politici, interpretati da lavoratori, donne, ragazzi, che ripercorrevano la storia e le questioni politiche di attualità. Il Primo maggio a Modena si vedrà qualcosa di simile sul palcoscenico del Pavarotti alle 21, con ingresso libero (biglietti all’Ufficio relazioni col pubblico e allo Iat di piazza Grande). Con Oriele e la fabbrica di tabacco, adattamento teatrale di Emanuele Aldrovandi dall’omonimo romanzo di Elena Bellei (edizioni Il dondolo), si rievoca il duro lavoro delle operaie della manifattura tabacchi modenese tra la fine dell’Ottocento e il fascismo. In scena non saranno però cittadini e militanti come nel «teatro di massa» ma attori di cinque compagnie modenesi, Amigdala, Cajka Teatro, Drama Teatro, Peso specifico teatro, Sted-Teatro, sotto la direzione di Tony Contartese e con i cori di voci femminili Le chemin des femmes e Le core. Il progetto, promosso dagli assessorati alla cultura e alle pari opportunità di Modena, si avvale di vari sostegni, tra i quali quello delle sigle sindacali, di Ert e del Comunale di Modena. Il testo racconta un lavoro duro, così descritto all’inizio dalla protagonista, Oriele: « Ho visto la Tavernari T puntato, matricola 1192, fascicolo 664 seduta con le gambe larghe e il tabacco fermentato sulla pancia. Non è micca per tutte la manifattura dei tabacchi. Devi meritartelo questo lavoro infame. Parlo senza riconoscenza. A dire la verità è come vincere alla tombola. Vincere tutto. È come cambiare faccia, la gente ti guarda e te non hai più la faccia di prima. Sei una paltadora e basta. Sei grande, da un giorno all’altro giorno c’hai due soldi nel portamonete e in casa non ti dicono più Oriele buonadaniente sei na stupida. Oriele sono io. Lo sognavo il posto in fabbrica come un sogno da signora. Come si sogna un paltò nuovo...». Le vicende del lavoro femminile in fabbrica, che
si ottiene solo col certificato di miseria e la raccomandazione di un notabile, si intrecciano con quelle di un medico, Rolando Silvestri, l’unico che abbia a cuore le sigaraie, le visita gratuitamente e compie ricerche per dimostrare il legame tra i vapori tossici della fabbrica e il tasso altissimo di aborti. La storia alterna ambientazioni all’interno della fabbrica, scene in città e intermezzi con i sogni di Oriele. Alla presentazione dello spettacolo l’assessora alle pari opportunità ha ricordato come siano ancora attuali le discriminazioni nei confronti delle donne, specie salariali.