Ex Sapaba, riparte il progetto L’allarme degli ambientalisti
Casalecchio, polemica sulla variante del Comune. Gli ambientalisti: colpa della nuova legge urbanistica
Riparte il progetto fermo da quasi dieci anni dell’insediamento urbanistico nell’area dell’ex Sapaba, a Casalecchio. Il Comune ha approvato una variante che ha fatto salire sulle barricate Legambiente e Wwf che attaccano sul consumo del suolo e la cementificazione. Nel mirino finisce la giunta: «Con una manovra poco trasparente hanno usato la nuova legge regionale per ripescare un progetto fermo da anni. Altrimenti sarebbero scaduti i diritti edificatori». Contrari anche Wwf e grillini: «Altro cemento, più inquinamento e traffico». Il Comune per ora non commenta. I costruttori: «È riqualificazione, non consumo di suolo».
” Il grillino Ho votato contro perché non se ne può più di cemento a Casalecchio, il piano presenta problemi alla viabilità e crea più inquinamento
Legambiente e Wwf si scagliano contro il nuovo complesso residenziale di Casalecchio. Si tratta del piano particolareggiato dell’area «ex Sapaba», a sud di Casalecchio e a ridosso del fiume Reno, dove fino al 2011 era attiva appunto la società di estrazione e produzione di asfalti bituminosi con una cava e gli impianti di trasformazione, oggi dismessa.
Già nel 2009 il consiglio comunale approvò l’insediamento urbanistico con il piano particolareggiato per la realizzazione di un complesso residenziale di circa 29.000 metri quadri, con accesso da via Ronzani, che però, a causa della crisi e alcuni fallimenti di società edili, è rimasto nel cassetto fino a oggi. Rispolverato nel 2017 dalla Saraceni srl su progetto dell’architetto Mario Cucinella, ha subito alcune variazioni votate in consiglio comunale a dicembre, con il Pd favorevole all’unanimità e i voti contrari di 5 Stelle e Lista civica Casalecchio di Reno.
Ma Legambiente e Wwf parlano di «nuova cementificazione che porterà un aumento certo di inquinamento dell’aria», a causa di un progetto «ripescato solo grazie agli spazi offerti dalla nuova legge regionale urbanistica» accusa il vicepresidente del circolo Legambiente di Casalecchio Ubaldo Radicchi. «Perché — spiega ancora — con una manovra poco trasparente la giunta ha dato il via libera a un progetto datato, vecchio di dieci anni e che allora non fu vagliato dai processi valutativi d’impatto ambientale che sarebbero necessari oggi. Le opportunità offerte dalla legge regionale sono state cavalcate con tempismo, perché di qui a breve i diritti edificatori sarebbero scaduti».
Il progetto prevede l’edificazione di circa trenta edifici fino a sei piani su un’area complessiva di 209.000 metri quadri di cui 147.000 di verde pubblico, laddove in origine ne erano previsti 10.000 in meno. È stato variato in modo da porsi in continuità con il paesaggio fluviale, immerso nel verde e per lasciare libera la visuale sull’eremo di Tizzano. Ma per gli ambientalisti i problemi restano: «La Variante — si legge in un comunicato — porta un considerevole aumento del numero di abitanti teorici (+ 736) che porterà nuovo traffico di accesso all’area in una zona già congestionata. Non sono stati trattati gli aspetti legati alla qualità biochimica dei terreni, in conseguenza delle attività industriali che vi hanno insistito».
I costruttori
«Sui progetti approvati non si torna indietro, l’area è dismessa ed è vera riqualificazione»
Le associazioni chiedono quindi che il procedimento sia bloccato per avviare tutte le valutazioni di impatto ambientale e strategico territoriale. Paolo Rainone, consigliere 5 Stelle, spiega: «Anche se la variante ha apportato delle migliorie al progetto originario, ho votato contro perché non se ne può più di cemento a Casalecchio e il piano presenta grossi problemi di impatto sulla viabilità e di inquinamento dell’aria». Mentre il sindaco Massimo Bosso si riserva di rispondere alle critiche dopo aver parlato con i tecnici comunali, il direttore di Ance Bologna Carmine Preziosi avverte: «I progetti ormai approvati non si possono ridiscutere, il costruttore ha acquisito diritti su quei terreni e se il Comune fa marcia indietro deve risarcire. Questo è un classico caso di riqualificazione urbana, non c’è consumo di suolo perché l’area è dismessa».