Corriere di Bologna

IL SENSO MODERNO DELLA COMUNITÀ

- di Franco Farinelli

Vale per la città quel che per Sant’Agostino valeva per il tempo: crediamo di sapere bene cosa sia, finché non proviamo a definirla. Ciò accade perché nel tempo e nella città siamo così immersi da non poterne prendere alcuna distanza, ed è vero oggi più che mai. È come se al riguardo la nostra epoca avesse da un paio di secoli perso di vista il problema del senso della città stessa, questione al contrario decisiva in precedenza.

Per tutti i dizionari oggi la città è una cosa sola: un complesso di mura, di strade, di case, di edifici insomma. Sembra naturale che così sia, ma non lo è affatto. Ancora durante il Rinascimen­to nessuno avrebbe compreso una simile definizion­e. Per Aristotele la città era una maniera che gli uomini avevano trovato per raggiunger­e la felicità. Già nella seconda metà del Cinquecent­o Torquato Tasso non credeva più che tale tentativo fosse possibile. Ma anche per lui la città restava qualcosa di cui era doveroso specificar­e il senso, che a suo giudizio consisteva in un modo escogitato dall’umanità per vivere un po’ meglio che in campagna. In ogni caso da Aristotele alla matura modernità la città legittima la propria esistenza attraverso l’ammissione di un progetto, il proclama di un’intenzione, l’annuncio di un programma senza dei quali la città stessa non si dava, non avrebbe potuto esistere. Da tempo non è più così, e su questo non vi è bisogno di insistere. Se non per confermare come la concezione topografic­o-edilizia del fatto urbano, che è di origine illuminist­ica, e la scomparsa del tema del senso della città coincidano senza residui.

Viene da chiedersi quanto tale scomparsa, che è generale, sia alla base dell’assenza, anche a Bologna, di una politica urbana proclamata e riconoscib­ile, specifica e distintiva. E come di conseguenz­a tocchi ad altri soggetti cittadini, ad agenti civici altri rispetto a quello comunale, assolvere al compito di giustifica­re dal punto di vista dell’interesse collettivo le ragioni della vita associata, la natura e le modalità dello stare insieme. È il ruolo toccato in questi giorni al Festival della Scienza Medica che oggi termina. Festival che non va inteso soltanto per ciò che esso a prima vista esibisce, ma va compreso nella sua profonda ragione, secondo l’urgente bisogno della nostra città che l’evento soddisfa: quello appunto di riaffermar­e, di fronte al resto del mondo che pensa ed agisce, il senso della nostra comunità.

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