Corriere di Bologna

INEDITO RITORNO ANDREA MINGARDI

Martedì al Celebrazio­ni il musicista bolognese presenta in anteprima il suo nuovo album «Ho visto cose che...». In scaletta anche il singolo «Ci vuole un po’ di rock’n’roll» scelto da Mina per l’ultimo disco «Canto in dialetto anche a Palermo, ogni canzon

- Paola Gabrielli

Andrea Mingardi ha conosciuto Bologna, dice, « quando non aveva ancora i sensi vietati» e ne vive i cambiament­i con sguardo critico ma senza nostalgie. Come per la musica. Si è sentito morire e rinascere (artisticam­ente) molte volte. Ora, a distanza di 12 anni dalla realizzazi­one dell’ultimo inedito, esce con un nuovo disco che martedì presenta al Teatro Il Celebrazio­ni in anteprima (ore 21, prevendite sul circuito TicketOne). L’album — anche in vinile, e guai se così non fosse per uno che ricorda con amore di quando i juke-box erano sulla spiaggia e si andava a ballare alle nove di sera — s’intitola Ho visto cose che..., esce il 18 maggio e contiene il singolo Ci vuole un po’ di rock’n’roll, che anche Mina ha voluto nel suo Maeba. Per questi live sono stati rifondati anche i Supercircu­s, in omaggio alla storica band che per decenni ha accompagna­to Mingardi. Questo, dice, è il frutto della voglia di uscire dagli schemi. Tra passato e futuro.

Mingardi, a cosa si deve questo nuovo album?

«Era necessaria una scossa, una botta di corrente che smuovesse questo ambiente omologato, pop-patinato. Farlo con una band che ricorda un periodo in cui mi sembrava possibile rompere tutti gli schemi e fare qualsiasi cosa in musica, era necessario». Quanti ricordi? «Tantissimi, ma nessuna nostalgia. Piuttosto, storia. Ma la mia non è una critica e non voglio insegnare nulla. Mi riferisco a periodi in cui sono usciti nomi enormi, da Dalla a Hendrix».

Già, come canta nel brano che dà il titolo all’album, «Ho visto Jimi Hendrix a tre metri di distanza»...

«Certo. E ogni volta che accendo la radio mi sento orfano di certa musica. Davvero, ci vuole un po’ di rock’n’roll».

Quella canzone è nata per lei o per Mina?

«L’avevo scritta per me all’inizio. Poi, poco prima che uscisse il mio disco mi ha detto: sai che la voglio usare in Maeba?». E lei come ha reagito? «Ero contento e raggelato. Ma è una grande. “Sono felicissim­a, facciamola tutti e due”, mi ha detto. Del resto, c’è bisogno di rivoluzion­e. Anche se il mio pezzo non cambia il mondo».

Oltre all’ultimo album farà una carrellata della sua carriera?

«Assolutame­nte sì. Ogni

canzone è una cartolina della nostra vita. Anche quelle in dialetto. Faremo persino Pus».

Le canzoni in bolognese le farà solo qui?

«Scherza? Le faccio anche a Palermo. Su Socmel impazzisco­no».

A pensarci oggi, come vede la sua carriera?

«Sono nato e risorto almeno una decina di volte. Nel 1980 avevo un contratto per altri due dischi con la Ricordi, invece un giorno mi chiamarono e mi dissero che avrebbero stracciato il contratto. Il motivo? «”Vanno i ragazzi biondi con gli occhi azzurri”. Insomma, ero vecchio. Ma siamo qua a raccontarc­ela».

Merito del rock’n’roll, del funky e del soul?

«Diciamo che se fossi un cantante pop da cuore-amore sarei decrepito. L’altro giorno mi chiama Renato Zero e mi fa: “Ho speso 400 mila euro per un disco e non se n’è accorto nessuno».

E lei cosa gli ha risposto? «Che tutto cambia. I migliori anni della nostra vita

sembra scritta ieri e ha più di vent’anni. Quando cammino per la strada, mi fermano per via di Ciao Ragaz, uscito nel 2000».

Morale della favola? «Morale della favola, vorrei fare un altro disco in dialetto. E anche un film. Su una città che amo moltissimo». Quindi, su Bologna. «Sì. Se giri l’Italia capisci che Bologna è Bologna, ma non siamo più la città della notte, quella famosa per i biassanot».

Quali sono i tempi? «Farò tutto con calma. Prima voglio far conoscere questo album in giro per l’Italia e anche in Svizzera».

In Svizzera? Allora verrà a vederla anche Mina.

«Oddio, su questo non ci giurerei».

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Blues man Andrea Mingardi Per l’occasione ha riunito la sua storica band Supercircu­s

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