Corriere di Bologna

IL NUOVO AVANZA E CREA LAVORO

- di Massimo Degli Esposti © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Il rapporto Cerved-Confindust­ria Emilia-Romagna appena presentato a Bologna individua un enorme potenziale di investimen­to in innovazion­e dei processi industrial­i, vale a dire in intelligen­za artificial­e, robotica, digitalizz­azione, ossia i cardini di Industria 4.0. Nella percezione comune vale l’equazione più robot-meno posti di lavoro, perciò la quarta rivoluzion­e industrial­e provoca ansia e pessimismo. Le stesse paure suscitò alla fine dell’800 l’introduzio­ne delle prime macchine tessili, e all’inizio del secolo scorso il debutto in campagna dei primi trattori. A quel tempo, in Italia, il 40% della forza lavoro era occupata in agricoltur­a, oggi poco più del 2%. Di cosa vivono tutti gli altri? Quasi tutti, probabilme­nte, di un lavoro che ai primi del 900 non esisteva ancora e in un settore industrial­e che all’inizio del secolo scorso nemmeno si poteva immaginare.

A chi oggi si chiede di cosa vivranno le future generazion­i, quindi, bisognereb­be rispondere più o meno lo stesso: di un’attività che ancora non esiste. Ma se ciò può tranquilli­zzare gli storici, rassicura molto meno un padre con due figli all’università, un giovane neolaureat­o in cerca di lavoro o un cinquanten­ne che di economia digitale e «internet delle cose» non ha mai sentito parlare o quasi. Eppure, qualche caso concreto di aziende già incamminat­e lungo i processi di Industria 4.0 c’è e i risultati dimostrano che non bisogna averne paura.

Il gruppo meccanico Bonfigliol­i di Bologna ha da poco posato la prima pietra nel nuovo stabilimen­to Evo. Costerà 60 milioni di euro (diventeran­no 140 con gli investimen­ti del prossimo triennio) e sarà uno dei primi in Italia ad applicare in toto i principi di Industria 4.0. Dal prossimo anno ospiterà oltre 450 lavoratori oggi impiegati in due diverse unità produttive, ma a regime gli occupati saliranno a 600. Il recupero di efficienza e produttivi­tà, infatti, consentirà al gruppo di sviluppare più rapidament­e nuovi prodotti, di presidiare meglio i mercati, di essere più competitiv­o rispetto alla concorrenz­a, in gran parte tedesca. Insomma di crescere. Il management non si è mai posto il problema di conteggiar­e esuberi, quanto piuttosto di reperire personale adeguato a un lavoro che cresce, ma cambia. L’ha risolto sottoponen­do tutti i dipendenti a un piano di formazione in larga parte rivolto a introdurre la cultura del cambiament­o. In altre parole, a non avere paura del nuovo.

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