«Impauriti» «Apatici» Vito e Lodo passeggeri
Ritratti di tassisti, da due clienti particolari
Il comico Vito e Lodo Guenzi de Lo Stato Sociale raccontano il loro rapporto con i tassisti, bolognesi e non. «Poche chiacchiere e selfie di rito», concordano i due.
«Guardi, sono sceso pochi minuti fa da un taxi e sto ancora ridendo». E bisogna credergli, dato che a parlare è Stefano «Vito» Bicocchi, 60 anni, che della risata ha fatto un mestiere. Il comico bolognese è appena tornato da un weekend a Napoli e l’auto bianca l’ha presa dalla stazione centrale. Ma cosa lo abbia fatto tanto ridere «non posso dirlo, è roba un po’ forte». È bastata una ventina di minuti per rompere il ghiaccio tra l’autista e il comico. «Forse una volta era più facile che si parlasse tra sconosciuti, ora c’è più diffidenza. Mi raccontava che dopo la mezzanotte c’è da aver paura, non sai che tipo di persona può salire. E allora i tassisti moderni sono diventati un po’ psicologi: prima di caricare il cliente cercano di capire cosa li aspetta...».
Sui sedili scuri dei taxi anche a Lodo Guenzi de Lo Stato Sociale, 31 anni, è capitato di non aprire bocca dall’inizio alla fine del tragitto. «I tassisti bolognesi? Li definirei “cordialmente apatici”. Qua a Bologna mi capita di salirci, soprattutto quando torno da
” I tassisti moderni sono diventati un po’ psicologi: prima di caricare un cliente cercano di capire che cosa li aspetta
Qualche licenza in più magari servirebbe, ma senza esagerare: Bologna è piccola
una trasferta. Quasi sempre l’autista dà una rapida occhiata allo specchietto retrovisore, se non c’è nessun particolare che lo cattura si rimane in silenzio». Che siano un po’ più taciturni del passato è sensazione comune, ma Vito ha anche un’altra spiegazione: «Certo, non tutti hanno voglia di parlare. Però se gli dai confidenza all’inizio, se fai qualche domanda allora è facile che la conversazione prenda il largo».
Stando a quanto dice il comico, il tipico tassista bolognese è quello che si lamenta di tutto: del traffico, dei lavori, dei semafori, dei pedoni. E soprattutto, è un po’ in là con gli anni. «Sarà per questo che non mi riconoscono quasi mai — scherza Lodo — è difficile che ascoltino la nostra musica. Però quando succede mi chiedono una foto». «Sì, ormai il selfie è un rito — conferma Vito — ma forse quello di Napoli ha esagerato: l’ha scattato mentre guidava!».
Aumento licenze, tariffe, zone di sosta. Ma il tassista che ha appena lasciato Vito al è che se devo girare per la città mi muovo in bici, o a piedi. Anche perché io la patente non ce l’ho...». E se devi andare fuori dal centro? «O mi trovo una ragazza che ha la pazienza di accompagnarmi e la patente — scherza Lodo — oppure andiamo con la macchina di Fio: oltre a essere un nostro personaggio d’ispira- zione per le canzoni e un amico fraterno è anche un tassista. È il suo Madrid 5, in assoluto, il taxi sul quale sono salito più spesso».
A Milano, Firenze, Napoli o Roma: poche parole o lunghe chiacchiere, dipende dalla giornata. Sia Vito sia Lodo hanno avuto esperienze simili: a Milano un po’ sbruffoni, nella Capitale sempre sintonizzati sulle radio locali dei tifosi: «A volume alto», sottolinea Vito. Lodo, ma il tassista che ti ha portato in piazza San Giovanni per il Concertone ti ha riconosciuto? «Sì. E ha voluto un selfie».