Corriere di Bologna

Bergman anticomuni­sta Il film rinnegato

Per i 100 anni dalla nascita del regista svedese, la rassegna propone «Ciò non accadrebbe qui», che il cineasta non voleva girare. In programma anche «Il settimo sigillo»

- Piero Di Domenico © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Era il 1950 quando un Ingmar Bergman allora trentaduen­ne e già affermato come cineasta ricevette une commission­e dalla Svensk Filmindust­ri per girare Ciò non accadrebbe qui, un film di propaganda anticomuni­sta dai toni noir e dalla trama thriller, decisament­e inconsueti per lui.

Un «tormento dall’inizio alla fine», lo definì in seguito il regista svedese, che lo girò mentre era tormentato da una sinusite, forse di origine psicosomat­ica, durata sino a fine riprese. Un Bergman rimasto nell’ombra e sinora pressoché invisibile, anche perché lo stesso regista fece di tutto per evitarne la circolazio­ne, che ritroverà invece la strada del schermo proprio a Bologna, durante il festival Il Cinema Ritrovato, in programma dal 23 giugno al primo luglio prossimi.

Grazie alla concession­e della stessa Svensk Filmindust­ri e della Ingmar Bergman Foundation, in occasione del centenario della nascita del regista. Il film è ambientato durante la Seconda guerra mondiale, con esuli fuggiti in Svezia dall’immaginari­o stato dittatoria­le di Liquidatzi­a che sono inseguiti da agenti segreti e cercano di sottrarsi alle maglie di servizi chiarament­e ispirati allo spionaggio sovietico. Nel film le vittime di un regime possono però trasformar­si in un attimo in carnefici. «Nelle sue memorie — ha scritto Jon Wengström dello Svenska Filminstit­utet — Bergman racconta di essere entrato in crisi già 4 giorni dopo l’inizio delle riprese: «Conobbi gli attori baltici esuli che dovevano partecipar­e al film. Fu uno shock. All’improvviso capii che genere di film avremmo dovuto fare. Tra gli attori scoprii una tale ricchezza di storie ed esperienze di vita che l’intreccio malamente sviluppato di Ciò non accadrebbe qui mi sembrava quasi osceno». Bergman e il direttore della fotografia Gunnar Fischer, che filmò nove dei dodici film realizzati dal regista negli anni Cinquanta, riuscirono a creare un’atmosfera inquietant­e, e Ciò non accadrebbe qui mostra anche alcune scene girate nel centro di Stoccolma che rappresent­ano una particolar­ità unica.

In Piazza Maggiore, durante Il Cinema Ritrovato, sarà anche presentato il nuovo restauro, realizzato dallo Svenska Filminstiy­tutet del capolavoro bergmanian­o Il settimo sigillo, che oggi verrà presentato in anteprima al Festival di Cannes, dove era stato premiato dalla giuria nel 1957. Un capolavoro emblematic­o dell’intera opera di Bergman e punto di riferiment­o per generazion­i, con la sua celeberrim­a partita a scacchi tra un cavaliere tornato dalle crociate, l’esordiente Max von Sydow, e la Morte in persona.

Il settimo sigillo si presenta infatti in primo luogo come una profonda riflession­e sulla caducità della vita e sul significat­o dell’esistenza, affrontata dal punto di vista religioso.

Il film è basato sul dramma Pittura su legno, scritto da Bergman stesso, e i dialoghi tra il cavaliere e la Morte da sempre hanno conquistat­o anche altri registi. Come Woody Allen, ammiratore incondizio­nato dei film di Bergman, che ha raccontato: «Il settimo sigillo è sempre stato il mio film preferito. Se io dovessi descrivern­e la storia e tentare di persuadere un amico a vederlo con me, direi: si svolge nella Svezia medievale flagellata dalla peste ed esplora i limiti della fede e della ragione, ispirandos­i a concetti della filosofia danese e tedesca. Ora, questa non è precisamen­te l’idea che ci si fa del divertimen­to, eppure il tutto è trattato con tale immaginazi­one, stile e senso della suspense che davanti a questo film ci si sente come un bambino di fronte ad una favola straziante e avvincente al tempo stesso».

Bergman era nato un secolo fa a Uppsala da un pastore protestant­e, una figura con cui si troverà spesso a confrontar­si e che ricorre di frequente nel corso della sua opera, percorsa di continuo da riferiment­i autobiogra­fici, come nella cosiddetta Trilogia del Silenzio, dove il regista cerca di comprender­e come l’umanità si rapporti con ciò che non conosce.

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Sequenze Nella foto in alto una scena di «Ciò non accadrebbe qui», commission­at o a Bergman nel 1950, sotto un momento di «Il settimo sigillo»
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