Corriere di Bologna

PRIVILEGIA­TI NELLA NEBBIA

- di Vittorio Monti

Alzi la mano chi se l’aspettava. Da Biffi nessuna sorpresa: il cardinale capace di spiegare la teologia partendo da Pinocchio non aveva peli sulla lingua, quel Bologna «sazia e disperata» fece storia ma non stupore. Come le due medaglie d’oro olimpiche, sempre in quel fatidico 1988, di Tomba la bomba. Questione di feeling. Il giovanotto­ne con gli sci, sua eminenza con le parole. Nelle aspettativ­e anche le dure requisitor­ie di Caffarra, per un principe della Chiesa arrivato a confutare Bergoglio, tutto il resto è stato routine. Ma Zuppi no, da lui proprio no. Bolognesi «sciocchi e spreconi»? Ma davvero l’ha detto? Adesso vallo a spiegare a quelli che semmai gli hanno dato del piacione, troppo conciliant­e, troppo premuroso con le pecorelle smarrite o addirittur­a camuffate per nascondere il pelo del lupo. Quel vescovo uno di noi, in pochi mesi. Rispettato e presto amato. Se anche i preti andassero alla Corrida, Matteo Maria avrebbe fatto il pieno di applausi. Cominciand­o proprio dai mangiapret­i. Ma, adesso, come la mettiamo? Ora che sì è mostrato tutt’altro che un fil di ferro, piegabile a ogni pressione? Ora che con un’omelia davanti alla Madonna di San Luca, mica in una chiesetta di campagna, ha palesato ciò che tanti non avevano voluto vedere, per convenienz­a, per furbizia tattica, convinti di poterlo tirare dalla propria parte. Un maestro capace di essere severo, che sa quando deve salire in cattedra pur preferendo stare in mezzo agli altri. Chi ama i propri allievi avverte quando la lezione deve diventare intransige­nte e scomoda. Perché la didattica senza rigore confonde le idee. La differenza tra buoni e cattivi maestri sta nel fatto che questi ultimi cercano sempre di truccarsi da buoni. Sarebbe da sciocchi, appunto, reagire da offesi all’ammoniment­o, proposto con questa parola desueta, in un mondo che ne usa ben altre nei dilaganti e furibondi confitti verbali, quando invece bisognereb­be interrogar­si ricorrendo solo alla categoria del vero o falso. Se un discorso si appoggia sulle fake news, diventa un’ingannevol­e strategia di controllo. Se invece discende da valutazion­i sincere e reali, contiene il bene proprio perché aiuta a scoprire dove sta il male. Bologna è proprio come dice il suo vescovo: con tanti privilegia­ti nella nebbia e altrettant­i poveri sempre più invisibili. Non si devono adontare quei bolognesi che da sempre conoscono la generosità e il senso del dovere. Perché la città resta un buon luogo da vivere solamente se chi più ha più sa dare.

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