Corriere di Bologna

YAYA, 18 ANNI E SETTE VITE IL SARTO DEI BAMBINI

- Di Daniela Corneo

Èarrivato con un barcone dal Gambia e ora fa il sarto a Les Libellules. In base alla legge, ancora per poco. La storia di Yaya.

Yaya ha diciotto anni. Ma è come se avesse già vissuto dieci vite da quando è nato. Ha lasciato il Gambia, dove ha i genitori e 4 fratelli, quando aveva solo 16 anni. È andato in Mauritania da solo e, facendo il sarto, ha guadagnato i soldi per arrivare in Mali. Una volta lì, ha lavorato il tempo necessario per spostarsi in Algeria. Dopo sette mesi in Algeria, è partito per la Libia, dove per nove mesi ha fatto il pastore. Dalla Libia, insieme a un gruppo di coetanei, con i soldi messi da parte ha pagato un viaggio della speranza a bordo di un barcone. È arrivato così in Italia Yaya. Dopo un’avventura lunga un anno e sette mesi che l’ha traghettat­o in Sicilia. «Ma lì non mi facevano studiare e io volevo tanto imparare». Con la «diaria» destinata ai giovani profughi presi in carico dallo Stato, un giorno, dopo tre mesi trascorsi in un centro d’accoglienz­a vicino a Palermo, Yaya ha deciso di venire a Bologna.

La sua storia Yaya la racconta a bassa voce e con la testa piegata sul bancone da sarto del negozio Les Libellules di via San Vitale, dove Roberta Marchesini e Sara Brugnolo, le due proprietar­ie della bottega di vestiti artigianal­i per bimbi, l’hanno praticamen­te adottato. Un’adozione a scadenza, però, perché adesso che Yaya ha compiuto 18 anni, a breve non potrà proseguire il progetto d’inseriment­o lavorativo per minori non accompagna­ti arrivati in Italia, pensato per lui dalla cooperativ­a Csapsa. Il 20 maggio sarà il suo ultimo giorno da Les Libellules e Yaya non sa ancora cosa ne sarà di lui.

Eppure nel frattempo ha imparato a disegnare abitini con i cartamodel­li, a cucire animali e scritte su zainetti, a decorare bavaglie. «Ho fatto pratica da un sarto in Gambia a 13 anni — racconta il ragazzo — ed è un lavoro che mi piace moltissimo, ma sono disposto a fare qualunque cosa pur di restare a Bologna». Perché è questa la città che un suo amico, che adesso ha trovato lavoro in Germania, gli aveva dipinto come la meta perfetta per imparare. Un lavoro, un’altra lingua, la vita da grande. «Volevo studiare e imparare come si fa sartoria in Europa. Qui ci sono riuscito». Yaya è arrivato un anno e mezzo fa nel capoluogo emiliano e, mentre si cimentava con la macchina da cucire nel piccolo laboratori­o di via San Vitale, a febbraio è riuscito a conseguire il diploma di scuola media. «Ma vorrei continuare a studiare — confessa — e fare la scuola superiore».

Roberta, 34 anni, e Sara, 39, che solo un anno e mezzo fa hanno accettato la sfida di rilevare la bottega sartoriale dalle fondatrici originarie de Les Libellules (che hanno mantenuto lo studio di sartoria a fianco, concentran­dosi però su abiti per donna e

A termine

Dal 20 maggio Yaya non potrà più lavorare nel negozio: scade il progetto d’inseriment­o

workshop creativi) guardano il loro aiutante con gli occhi di due mamme che presto dovranno lasciare andare il figlio che hanno cresciuto. «Il 20 maggio scade il progetto di Csapsa e siamo disperate». Sono disperate per loro stesse, perché Yaya è un validissim­o collaborat­ore che proveranno a far lavorare ogni tanto con i redivivi voucher. Ma sono disperate anche perché non sanno cosa succederà a Yaya: «Dopo i 18 anni i ragazzi come lui — dicono Roberta e Sara — devono cavarsela da soli: trovare una casa e trovare un lavoro. Ma com’è possibile per giovani arrivati in queste condizioni da altri Paesi?». È difficile. Difficilis­simo. Servirebbe una rete di sostegno che vada oltre la normativa. «Lo aiuteremo come potremo e speriamo che per lui si smuova qualcosa a livello lavorativo». Lui intanto si offre: «Io riesco a cucire vestiti, tende, tovaglie». E lo dice sfogliando le foto sul cellulare in cui mostra orgoglioso i vestiti che ha creato per i suoi insegnanti bolognesi e quelli realizzati in Gambia per amici e parenti. «Adesso devo comprare la stoffa e cucirmi un abito nuovo per il Ramadan», dice continuand­o a infilare con ago e filo le decorazion­i su cappellini per neonati.

Les Libellules potrebbe ospitare una linea di prodotti per bambini firmata da Yaya. «Ma siamo consapevol­i che non può bastare», dicono le due socie. Che, però, continuano a sognare una società pronta all’accoglienz­a. «L’anno scorso — dicono Sara e Roberta — abbiamo ospitato una giovane madre cinese che dopo tre mesi ha trovato lavoro in un’azienda. Noi siamo disponibil­i a formare altre persone in difficoltà, perché il cambiament­o parte anche da noi, dal nostro piccolo». Un piccolo negozio di via San Vitale che guarda il mondo dalle sue vetrine e prova a cambiarlo. In meglio.

” Yaya Sono stato in viaggio un anno e mezzo, poi mi hanno detto che a Bologna potevo studiare e lavorare Il mio sogno? Fare vestiti, ma sono disposto a far tutto per restare

Sara Dopo i 18 anni i ragazzi come lui devono cavarsela da soli: trovare casa e lavoro Ma com’è possibile per giovani arrivati in queste condizioni da altri Paesi?

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Lo studio
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Roberta Marchesini (a sinistra) e Sara Brugnolo, proprietar­ie del negozio Les Libellules in via San Vitale, da qualche mese stanno insegnando a Yaya, 18enne arrivato dal Gambia con un barcone, come realizzare vestiti e accessori per bambini

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