Corriere di Bologna

«Profughi, va colmato il vuoto di norme per i neo 18 enni»

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Arrivano in Emilia-Romagna ancora minorenni, vengono seguiti dalle istituzion­i che provano a inserirli a scuola o nel mondo del lavoro, ma poi, una volta compiuti i 18 anni, per loro cambia tutto, pur non essendo cambiato fondamenta­lmente niente. Ma sono maggiorenn­i, quindi, anche se profughi e soli in terra straniera, devono trovarsi una casa e un lavoro.

Quella di Yaya, 18enne arrivato dal Gambia (vedi pezzo a fianco, ndr), è la storia di tanti ragazzi come lui e di quel vuoto normativo che riguarda i 18enni arrivati in estrema difficoltà da altri Paesi. «Il tema dei neo maggiorenn­i — spiega Monica Raciti, dirigente del servizio Politiche per l’integrazio­ne, contrasto alla povertà e terzo settore della Regione — è il vero anello debole della catena: quando compiono 18 anni questi ragazzi perdono uno stato di protezione molto forte». A meno che si tratti di casi di fragilità importanti. «In questo caso — spiega Raciti — i ragazzi vengono fatti passare dallo Sprar (il Sistema di protezione per richiedent­i asilo e rifugiati, ndr) dedicato ai minorenni a quello per gli adulti, che ha comunque una durata limitata nel tempo di sei mesi più sei». In ogni caso: «Andrebbe colmato il vuoto normativo a livello nazionale».

Per fortuna ci sono le comunità e le cooperativ­e che, soprattutt­o in Regioni come l’Emilia-Romagna, «costruisco­no con i Comuni percorsi di fuoriuscit­a che spesso prevedono la condivisio­ne di appartamen­ti. Ma questa possibilit­à non è sancita da nessuna parte, perché a quel punto i Comuni non hanno più obblighi», sottolinea la dirigente. Insomma, è tutto affidato alle buone prassi delle istituzion­i e, da quando c’è la legge Zampa sui minori non accompagna­ti, alla rete che riuscirann­o a creare attorno ai profughi i tutori volontari che si stanno formando. «I tutori — conferma Raciti — possono aiutare a dare un po’ di riferiment­i a questi ragazzi».

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