Corriere di Bologna

CAPITALISM­O FAMILIARE

- Di Massimo Degli Esposti

Ciò che fece Michelange­lo Manini lasciando in eredità alla Curia la sua Faac, affinché la gestisse nell’interesse della comunità, svela più di tante parole il volto di un capitalism­o familiare diverso. Per esempio da quello di mister Esselunga Bernardo Caprotti. Un capitalism­o familiare, cioè, tanto discreto, sobrio e socialment­e sostenibil­e da confonders­i e mescolarsi con la città che l’ha prodotto. Forse perché troppo giovane per aver dimenticat­o le sue origini popolari anche nelle seconde e terze generazion­i che oggi l’incarnano, dopo aver frequentat­o scuole pubbliche fino a un’onesta laurea all’Alma Mater. Grandi famiglie imprendito­riali che non delocalizz­ano ma si internazio­nalizzano, il che pure giustifich­erebbe, e qualche volta richiedere­bbe, il taglio del cordone ombelicale. «Bologna mi ha dato tanto, sento il dovere di ricambiarl­a» disse il fondatore di Crif, Carlo Gherardi, svelando la sua «pazza idea» di trasformar­e le colline a Est di Bologna in uno «spicchio di Toscana» quale è oggi la tenuta di Palazzo Varignana. Più o meno con le stesse parole Alberto Masotti spiega perché, venduta La Perla, ha creato Fondazione Fashion Research Italy, e il patron di AlfaSigma Marino Golinelli la Fondazione e l’Opificio che portano il suo nome. Sonia Bonfigliol­i ha regalato al Liceo Malpighi il laboratori­o di robotica intestato al padre Clementino; i fratelli Rossana e Daniele Bartolini hanno dedicato al padre Divo la Fondazione con cui Brt sostiene la scuola medica petroniana. Ma il feeling con Bologna si può esprimere in tante forme, perfino all’interno della stessa famiglia. Isabella Seragnoli, titolare di Coesia, l’ha fatto con la Fondazione Mast. Il cugino Giorgio, una quindicina di anni fa, portando invece l’Aquila Fortitudo a volteggiar­e nell’Olimpo del basket . Si dice che quella passione gli sia costata diverse decine di milioni. Anche l’ex patron del Motorshow Alfredo Cazzola scelse lo sport, prima con il dream team della Virtus, poi col Bologna, uscendone però indenne; a differenza di Giuseppe Gazzoni Frascara, ex titolare di Idrolitina, a cui i Rossoblù sono valsi una condanna per bancarotta fraudolent­a. Entrambi, peraltro, accomunati dal tentativo fallito di mettersi al servizio della città con la fascia da sindaco. Benché la sua Ima sia ormai una star a Piazza Affari, Alberto Vacchi veste con diligenza i panni di presidente degli industrial­i bolognesi. Le sue macchine vanno in tutto il mondo; lui ogni mattina va in via San Domenico, a Confindust­ria Emilia.

Predica il verbo della terza via alla quarta rivoluzion­e industrial­e che tanto piace ai sindacati ma che gli costò la presidenza nazionale di Confindust­ria. Il suo miglior amico è anche il suo concorrent­e più agguerrito: Maurizio Marchesini. Da leader degli industrial­i emiliano-romagnoli non negò mai un plauso alle giunte Errani e Bonaccini «quando se lo sono meritato». Il predecesso­re, l’ex professore di Ingegneria e fondatore di Datalogic Romano Volta, va fiero di aver dato seguito al lavoro di Giorgio Prodi, fratello oncologo prematuram­ente scomparso dell’ex premier, con Aczon, azienda di bio tecnologia creata «per lasciare in eredità a Bologna una seconda Datalogic». Gaetano Maccaferri è stato il primo della sua blasonata e antica famiglia ad affrontare la ribalta di Confindust­ria. Prima di lui, per sei generazion­i, tutti gli altri Maccaferri avevano evitato i riflettori. Senza nasconders­i, ma sempliceme­nte vivendo da bolognesi tra i bolognesi. Anche così si può dire «Y Love Bologna». Come le grandi famiglie del Medioevo, erigendo ciascuna una delle torri che le valsero il soprannome di «turrita». Oggi la prima giornata del festival al Mast, per saperne di più servizi in nazionale e su corriere.it/economia/leconom ia/imprese-familiari/

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