Missione condhotel «Salviamo le colonie»
I sindaci: ristrutturiamole con questo strumento. La Regione apre
Dopo l’entusiasmo iniziale con cui era stato accolto l’annuncio dell’introduzione dei condhotel (gli alberghi dove sarà possibile comprare un appartamento), alcuni Comuni della Riviera romagnola hanno avanzato alla Regione dubbi e perplessità. Per le amministrazioni locali, la formula dei condhotel sarà attuabile solo se questo strumento, pensato per riqualificare gli hotel, servirà a sbloccare l’annosa questione del destino delle ex colonie fasciste, dando così avvio al loro agognato recupero. E la Regione apre a questa ipotesi: «I condhotel rappresentano l’ultima chance per poter salvare le colonie», ha detto infatti l’assessore al turismo Andrea Corsini.
Per il sindaco di Rimini, Andrea Gnassi, la questione ruota proprio attorno al nodo delle ex-colonie fasciste: «I condhotel potranno essere applicati alle colonie che versano in stato di abbandono? Su questo non sono state fornite indicazioni di sorta. Noi saremmo molto entusiasti dei condhotel se fossero utili a contrastare il degrado urbano. In caso contrario non ci interesserà introdurli». La formula dei condhotel, va detto, non viene imposta ai Comuni, che potranno quindi impedire la vendita di «pezzi» di alberghi. «Vogliamo che le zone turistiche non vengano
” Gnassi, Rimini Saremmo entusiasti se i condhotel servissero a contrastare il degrado urbano In caso contrario non ci interessano
” Gozzoli, Cesenatico I condhotel così come concepiti rischiano di diminuire l’offerta turistica, cosa diversa è usarli per riqualificare le ex colonie
stravolte e trasformate in zone residenziali, per questo chiediamo di sederci a un tavolo con la Regione», conclude Gnassi. Dello stesso avviso il sindaco di Cesenatico Matteo Gozzoli: «Non parliamo di un crimine, per carità, né di un fenomeno cui assisteremo subito. Ma questo non toglie che ci sarebbe un grave danno per il territorio sotto il profilo economico». A Cesenatico i timori delle amministrazioni sono condivisi dalla Federalberghi. Il presidente Giancarlo Barocci: «Non vedo una grande opportunità in uno strumento che permette di incamerare soldi rinunciando a una parte di albergo. Il rischio è quello di diminuire l’offerta turistica». Anche per Barocci il discorso cambia se si parla delle ex colonie fasciste: «La formula dei condhotel potrebbe portare dei benefici ai progetti di riqualificazione sui quali stiamo ragionando con la Provincia».
A replicare a Gnassi e Gozzoli è Corsini: «Dal punto di vista normativo — spiega — attualmente i condhotel sono strumenti pensati per riqualificare alberghi esistenti o dismessi». Le ex-colonie fasciste, disseminate in gran numero da Cesenatico fino a Riccione, non rientrerebbero quindi nella categoria di immobili che possono usufruire del nuovo strumento. «Ma come Regione — rassicura — ci impegneremo anche a livello nazionale per fare in modo che i condhotel possano essere sfruttati per rigenerare o ristrutturare le colonie, anche perché si tratta dell’ultima chance che abbiamo per salvarle». Più in generale, per Corsini, la Regione ha le carte in regola per approntare un regolamento attuativo in grado di scongiurare la speculazione edilizia: «Non mi stupisco dei timori degli amministratori perché si tratta di una novità. Lavoreremo fianco a fianco con i Comuni e le associazioni di categoria per inserire tutti gli anticorpi necessari a evitare una nuova cementificazione».
La formula dei condhotel è stata approvata con il decreto «Sblocca Italia» ed entro due anni permetterà agli albergatori di vendere ai privati, a uso residenziale, fino al 40% della superficie netta delle camere di un singolo albergo e di investire le somme ricavate nella riqualificazione della struttura ricettiva. Ma chi potrebbe essere interessato a comprare una casa in un albergo condividendone anche i servizi come piscina, ristorante e portineria? «È importante sotto questo profilo sottolineare che gli acquirenti degli appartamenti non saranno residenti nella stessa città in cui è ubicato il condhotel», precisa Corsini: «Si tratta quindi di seconde case destinate verosimilmente ad acquirenti appartenenti al ceto medio-alto».