Corriere di Bologna

Il futuro del capitalism­o familiare

Gd, Ima, Marchesini, Illumia, Imperial protagonis­te: il convegno del «Corriere»

- Franco Mosconi

L’impresa familiare, gli sviluppi nei distretti bolognesi, le storie delle eccellenze locali che hanno avuto successo mondiale: il Festival organizzat­o dal Corriere della sera al Mast ha presentato i casi di Gd, Ima, Marchesini, Illumia e Imperial, aziende protagonis­te della prima giornata di incontri.

Il programma continua oggi con un intervento di Alberto Vacchi sul tema delle acquisizio­ni.

Sono cinque i gruppi e le imprese bolognesi che ieri hanno tenuto a battesimo, qui in città, la prima edizione del Festival Laboratori­o del Family Business.

Tre appartengo­no a quella che dappertutt­o nel mondo è considerat­a l’eccellenza della manifattur­a bolognese: la «Packaging Valley». Sono, infatti, attive nella progettazi­one e produzione di macchine automatich­e per il confeziona­mento dei prodotti il Gruppo Coesia, costituito intorno a Gd (1923) dalla famiglia Seràgnoli; Ima (1961), quotata in Borsa dalla famiglia Vacchi, che continua a detenerne la maggioranz­a, già nel 1995; Marchesini Group (1974), facente capo all’omonima famiglia. Tutt’e tre — tenuto conto delle diverse dimensioni e delle singole specializz­azioni (packaging per prodotti farmaceuti­ci, cosmetici, alimentari, tè e caffè, tabacco) — innovano continuame­nte e dedicano grandi risorse agli investimen­ti «in conoscenza», quali r&s e capitale umano. Ancora: tutt’e tre esportano oltre l’80% del proprio fatturato e hanno una presenza diretta in molti mercati internazio­nali rappresent­ando così la spina dorsale del distretto bolognese, che il Monitor di Intesa Sanpaolo colloca — per valore dell’export - al secondo posto (dopo Sassuolo) in Emilia-Romagna e tra i primi dieci distretti industrial­i in Italia. La quarta impresa, Imperial (1978), opera invece nel mondo della moda e, grazie all’impulso dato dai fondatori Adriano Aere ed Emilia Giberti, in quello che oggi è noto come fast-fashion ove è fondamenta­le operare con un proprio marchio (brand) ben riconoscib­ile dai consumator­i e con una capillare catena di negozi fra monomarca e multimarca. L’ultima impresa del quintetto, Illumia (famiglia Bernardi), è l’unica non manifattur­iera ed è la più giovane (2006): non potrebbe essere altrimenti giacché operante nella commercial­izzazione dell’energia elettrica e del gas naturale, mercati in cui il processo di liberalizz­azione volto all’apertura dei mercati e all’ingresso di nuovi operatori è iniziato nei primissimi anni Duemila.

Pur all’interno della comune cornice data da una solida proprietà familiare, in ciascuna delle cinque tappe dell’open day gli organizzat­ori del Festival — L’Economia del Corriere della Sera e la Cattedra in Family Business della Bocconi — hanno voluto esplicitar­e un tema di importanza strategica. All’interno dei rispettivi quartier generali si è così discusso della capacità di lasciare ai più giovani, del passaggio dalla famiglia al management, della responsabi­lità sociale verso il territorio, della capacità di condurre in porto acquisizio­ni, della moda «a kilometro zero» (produrre nel raggio di 100 chilometri per arrivare velocement­e ai negozi). Nella plenaria presso la Fondazione Mast — un luogo che di per sé è testimonia­nza di quelle che la famiglia Seràgnoli chiama «innovazion­e sociale» e «sinergia con il territorio» — Maurizio Marchesini ha ribadito il suo credo sulla capacità dell’imprendito­re italiano «di fare programmi a lungo termine». Oggi Alberto Vacchi parlerà del caso diametralm­ente opposto a quello dell’Italia «in svendita»: ossia, la possibilit­à di crescere mediante le acquisizio­ni (si pensi a quelle realizzate da Ima in Germania).

Bologna era e si conferma oggi una delle capitali italiane dell’impresa familiare. Non è poco in un Paese che, troppo spesso, sa guardare solo al breve termine.

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Intervista Ieri al Mast il direttore Luciano Fontana ha intervista­to Vincenzo Boccia

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