La «Nexus Factory» di Simona Bertozzi
Stasera al Consorziale di Budrio i tre nuovi lavori
Nexus Factory rappresenta l’attenzione della coreografa e danzatrice Simona Bertozzi alle nuove generazioni. Nexus come la compagnia dell’artista romagnola, residente a Bologna; Factory come una comunità che ricerca e collabora attraverso la danza. Presenta stasera tre brevi intensi lavori al Teatro Consorziale di Budrio (sipario ore 21, ingresso 8 euro, info: 051/801300). Nexus vuol dire creare nessi, intessere, connettere. E Simona Bertozzi, riconosciuta come una delle creatrici più importanti del paesaggio coreutico italiano, oltre a inserire giovani interpreti nei suoi lavori ne promuove il lavoro e ne accompagna le produzioni originali. La serata, pertanto, sarà formata da tre brani, in successione, che mettono in mostra artisti tutti da scoprire. Apre lo spettacolo “Becoming Animal” di Alice Bariselli, in scena con Elisa Garbo in un lavoro che segue il divenire del corpo dall’interno, rifiutando l’imitazione e puntando invece ad ascoltare il «divenire animale» inscritto in ognuno di noi e teorizzato da Gilles Deleuze. Il corpo umano si ibrida con il movimento animale, andandolo a scovare anche in comportamenti molto quotidiani. Si cambia regno naturale con Aristide Rontini, danzatore con un braccio monco, che in It Moves Me si misura con il divenire dell’acqua. Scrive l’autore, attratto dall’ampio immaginario legato all’elemento liquido: «Acqua come vibrazione, cristallo, risacca, onda, emozione, corrente, purificazione. Non solo la sua presenza ma anche la sua assenza è stata fondamentale spunto di riflessione per la ricerca coreografica. L’aridità del deserto e le profondità oceaniche hanno ispirato in eguale misura i gesti e la danza. L’insita capacità di trasformazione dell’acqua e la ricerca della sua origine nel corpo hanno innescato il tragitto drammaturgico». Conclude la serata Retiro di Lucia Guarino, un viaggio tra privato, pubblico e tutte le relazioni tra queste due condizioni, con un approfondimento sul momento del passaggio, del «tuffo», come estremo atto di libertà e coraggio o come accettazione del proprio fallimento. Scrive l’autrice: «L’incanto è nella sua estetica e l’obiettivo è quello di interpretare l’immagine del ribaltamento del corpo e della cristallizzazione della spirale dinamica che avviene un attimo prima dello schianto. L’attimo dove bestialità e ragione, tra vertigine, ritualità e coraggio, si incontrano». (Ma. Ma.)