Corriere di Bologna

COLTIVARE LA SPERANZA

- Di Enrico Franco

«Il veleno della disillusio­ne si può combattere con il realismo: no alla rassegnazi­one»: ancora una volta il vescovo Zuppi sa andare al cuore del problema, individuan­do il male oscuro che ci affligge. Si ironizza spesso sulle sue origini romane, dunque appare strano sia lui a richiamarc­i a credere che «tutto può cambiare»: ma questo è il titolo del libro di Andrea Riccardi, il fondatore della Comunità di Sant’Egidio che proprio da Roma si è estesa in settanta nazioni e che ha dimostrato con i fatti come davvero sia possibile voltare pagina quando c’è la volontà di guardare avanti anziché indietro.

Nel dialogo di giovedì alla Cappella Farnese di Palazzo d’Accursio, Romano Prodi e Stefano Zamagni notavano l’affievolir­si tra gli europei del legame con il cristianes­imo, così mi è parso naturale ripensare alla convinzion­e di Riccardi che la Chiesa debba suscitare simpatia, esattament­e quello che Zuppi ha fatto dal primo giorno in cui è entrato a Bologna. Ma nell’esperienza di Sant’Egidio ci sono altri due termini chiave che qui, sotto le Due Torri, dovremmo tornare a considerar­e di più, ossia comunità e parola. Insomma, stare insieme e dialogare.

C’è una discordanz­a sempre più evidente che non smette di colpirmi: salvo rare eccezioni, i bolognesi si lamentano di come sia peggiorata la città e rimpiangon­o «i bei tempi andati», mentre chi viene da altre realtà decanta la nostra qualità della vita. D’altronde non è un caso che ormai un terzo dei residenti sia nato altrove.

Come ci ricordava Gabriele Bronzetti nel nostro editoriale di giovedì, dunque, pur senza chiudere gli occhi davanti a quanto è criticabil­e, non dovremmo sottovalut­are la fortuna di vivere in un luogo moderno, accoglient­e, che tuttavia conserva ancora molte virtù del passato. Franco Farinelli, sempre sul Corriere di Bologna (il 27 maggio 2016), ricordava il «primato internazio­nale» di Bologna «sotto il profilo della presenza e della funzione dello spazio pubblico, quello che, come i portici, è prodotto dai privati a vantaggio dell’intera comunità, concreta espression­e perciò di un’autentica generale funzione civica». Ogni giorno ritrovo tale capacità di essere comunità, nel negoziante che offre riparo e lavoro a un profugo come nel filantropo che realizza grandi progetti per la collettivi­tà. L’anno scorso, nel giorno di San Petronio, il vescovo ha invitato Bologna a restare umana, oggi la sollecita a coltivare la speranza. Credo sia una formula vincente.

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