La misteriosa fiamma di Coscia Una fisarmonica per noi (e Eco)
IL CONCERTO Il grande musicista piemontese è in tournée con il suo nuovo spettacolo
In un mondo immaginifico, di felliniana memoria, e spostando tutto indietro in un tempo in bianco e nero, il bellissimo concerto di Gianni Coscia (foto di Tiziano Ghidorsi) — al quale abbiamo assistito con occhi lucidi e tante risate — sarebbe stato lanciato da uno strillone del tipo «Gianni Coscia. The King of Accordeon». Me lo vedo l’omino che cammina lentamente per il paese indossando un pesante cartonato con la foto stampata di Gianni Coscia sorridente, sia davanti che dietro. L’atmosfera, le luci, l’aere, il pubblico, l’inaspettata antica (e intatta) bellezza del Teatro Asiolo di Correggio — che all’interno dell’omonimo festival di jazz ha ospitato il grande fisarmonicista piemontese per uno di quei concerti «diversi», che proprio perché diversi, entra a pieno diritto in una delle stanze della nostra memoria sonora, per non uscirne mai più — mi riportavano di continuo proprio lì. In un tempo mai vissuto. Ma reso reale e tangibile dalle parole magiche, e ironicamente distillate, di Coscia, che alla veneranda di 87 anni (nobilmente compiuti il 23 gennaio) sta portando in giro un concerto/ spettacolo (uno dei prossimi appuntamenti è alla Milanesiana di Elisabetta Sgarbi), che ti inchioda alla sedia come un bambino davanti all’albero di Natale. Gli afroamericani lo avrebbero definito con un nome molto simile al loro storytelling. Noi, queetà sto concerto lo definiamo molto semplicemente una «resistenza», un «guardarsi indietro» alla scoperta di aneddoti sul jazz che hanno il sapore agrodolce dell’impre- vedibilità. Il tutto spruzzato di note d’oro e ironia. Il concerto, realizzato nell’ambito di Crossroads diretto dall’infallibile Sandra Costantini — e mi scusi il lettore se lo dico solo ora — ha anche un titolo ben preciso: «La meravigliosa fisarmonica della Regina Loana», in cui lo spettacolo si intreccia con racconti ispirati a La meravigliosa fiamma della regina Loana di Umberto Eco. In cui Coscia racconta il suo amico di sempre. Sono cresciuti insieme, compagni di banco a scuola, compagni di avventure musicali e intellettuali nella vita. Vengono svelate e snocciolate brevi partiture e poesie scritte da un Eco tredicenne. E poi standard su standard, eseguiti da Coscia con una mano destra che ha ancora la potenza di un’improvvisazione fluviale (citando il compositore e musicologo francese Roland-Manuel che nella musica ritrova un ars bene movendi, lui com—muove, in quanto muove: il nostro piedino infatti batte il tempo alla velocità di un treno sulle note della sua fisarmonica lanciata sui binari del jazz). Finale con dedica romantica: «Ora eseguirò Laura, uno standard famosissimo di David Ruskin, ma Laura è anche mia moglie». E Laura, seduta in prima fila, dopo tanti anni si commuove ancora. Che bellezza.