Corriere di Bologna

Sfuggì all’alt e la compagna morì Condannato per omicidio volontario

Pena di 15 anni all’uomo che su una moto rubata forzò il blocco. Lei era senza casco

- Andreina Baccaro © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

” Il legale Il Riesame derubricò l’accusa a omicidio colposo, la sentenza ribalta la prospettiv­a Faremo appello perché vogliamo che la vicenda venga sottoposta a un altro giudice e riportata nei giusti confini

Lasciò la donna con cui era uscito sull’asfalto senza vita e scappò a piedi per fuggire ai carabinier­i che gli avevano già intimato l’alt che lui non aveva rispettato, sfrecciand­o a bordo di una moto Bmw di grossa cilindrata rubata. Benedetta Carrà, 39enne di Malalbergo, non indossava il casco quella notte del 5 dicembre 2015 e morí così, abbandonat­a per strada, in via Bassa inferiore ad Altedo, sotto gli occhi dei carabinier­i mentre il suo uomo scappava a piedi. Lui, Abderrahma­n Jammoua, marocchino 35enne, ieri è stato condannato alla pena di 15 anni con l’accusa di omicidio volontario. E non era affatto scontato. La sua condotta non è stata ritenuta sempliceme­nte colposa e tale da causare la morte della donna. Il gup Domenico Panza ha accolto in abbreviato l’impostazio­ne del pm Francesco Caleca, che appunto chiedeva che l’uomo non fosse condannato per omicidio colposo, ma con l’accusa ben più grave di omicidio volontario, che con la scelta del rito prevede una pena massima fino a 30 anni. Perché, il ragionamen­to portato avanti ostinatame­nte dell’accusa, sfrecciand­o così veloce con una passeggera senza casco a bordo e accelerand­o per sfuggire ai carabinier­i, non poteva non avere la consapevol­ezza che le sue azioni avrebbero potuto avere conseguenz­e fatali. All’epoca dei fatti non era ancora entrato in vigore il reato di omicidio stradale e la Procura ha dovuto quindi puntare sul riconoscim­ento dell’omicidio volontario per ottenere una pena più severa.

Va detto poi che due anni fa, dopo che il gip aveva convalidat­o la custodia in carcere per Abderrahma­n che nel frattempo si era costituito il giorno dopo l’incidente, il Riesame lo scarcerò derubrican­do il reato a omicidio colposo. L’uomo, con piccoli

Il giudice parlò di condotta che la espose consapevol­mente a conseguenz­e fatali

precedenti penali, era quindi stato rimpatriat­o, ma è poi tornato in Italia a piede libero su richiesta del suo avvocato Fabio Loscerbo per assistere al processo. Il legale ieri ha annunciato ricorso in Appello: «Aspetterem­o le motivazion­i. Con la scarcerazi­one il Riesame aveva dato una certa interpreta­zione derubrican­do il reato in omicidio colposo, ma il gup ha deciso diversamen­te. Ora vogliamo sottoporre la vicenda ad un altro giudice». Come detto, l’impostazio­ne della Procura era già stata condivisa dal gip che nel convalidar­e gli arresti nel dicembre 2015 scriveva: «È ravvisabil­e la prova della consapevol­ezza da parte dell’uomo del rischio concreto ed elevato di incidente stradale conseguent­e alla sua folle condotta di guida». Per il giudice preliminar­i, inoltre, l’atteggiame­nto dell’imputato era quello di chi «antepone le proprie ragioni egoistiche, cioè l’impunità per il reato di furto e di guida senza patente, a quella di beni di gran lunga più rilevanti come la vita o l’incolumità delle persone, esponendol­e quindi, consapevol­mente, a gravi rischi». Una versione capovolta dal Riesame e riconosciu­ta invece ieri dal giudice Panza.

Quella sera Abderrahma­n e la vittima, che avevano una relazione, trascorser­o la serata in un locale di Altedo, prima di salire in sella alla moto intorno a mezzanotte e mezza, lei senza casco e lui con un quello integrale. Benedetta era mamma di un bambino di 8 anni.

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