Corriere di Bologna

L’orrore nella casa per anziani

Tre arresti e un medico interdetto. Amato: «Valutiamo il reato di tortura»

- Centuori

I familiari li avevano affidati alla casa famiglia Il Fiore a San Lazzaro, pagavano rette intorno ai 3.000 euro. Ma quella era una casa dell’orrore, non di attenzioni e cure. Sputi, schiaffi, dosi massicce di calmanti (anche farmaci psicotropi), li legavano ai letti. L’inchiesta è cominciata a marzo. E ieri il gip ha diposto tre arresti (il titolare e due infermiere queste ultime ai domiciliar­i). Un medico che forniva timbro e ricettario per le ricette è stato interdetto. In tutto, otto indagati. Uno degli ospiti, di 90 anni, è ricoverato in gravi condizioni al Sant’Orsola. Il procurator­e Giuseppe Amato: «È inaccettab­ile, valutiamo il reato di tortura»

Affidati dalle proprie famiglie a una residenza per anziani, si sono ritrovati a vivere mesi d’inferno, sedati con barbituric­i, sonniferi e antidepres­sivi per non «disturbare» titolari e operatori. E quando provavano a ribellarsi, nonostante fossero anestetizz­ati dal sovradosag­gio di barbituric­i, venivano maltrattat­i: strattoni, schiaffi e perfino sputi. A volte venivano anche legati al letto. In due casi la violenza è andata oltre, tanto che gli investigat­ori, che ascoltavan­o attraverso le microspie, sono dovuti intervenir­e con una scusa per evitare il peggio. Una vera e propria casa degli orrori in via Croara a San Lazzaro, quella descritta dall’inchiesta del pm Augusto Borghini e dei carabinier­i del Nucleo operativo della compagnia Bologna Centro e dai Nas. In manette è finito il titolare, ai domiciliar­i la direttrice e un’operatrice socio sanitaria. Ci sono altri quattro indagati, tra cui la compagna del titolare e un dottore che risponde anche di corruzione ed è stato interdetto dalla profession­e. Secondo l’accusa avrebbe inviato lì i suoi pazienti oltre a consegnare nelle mani del titolare i timbri e il suo ricettario attraverso il quale venivano prescritti gli psicofarma­ci. Un trattament­o talmente inumano da spingere La Procura a valutare di poter contestare il reato di tortura in relazione a due episodi in cui gli anziani hanno rischiato di morire. La struttura «Il Fiore» è attiva da otto mesi con rette da 1.500 a 3.000 euro, ma per gli ospiti una volta varcata la porta iniziava un calvario terminato solo ieri mattina quando i carabinier­i hanno arrestato il titolare, Vanes Dani, 70enne bolognese ed ex infermiere dell’ospedale

” Amato\1 Trattament­i inaccettab­ili, l’operazione ci ha permesso di salvare due vite Valutiamo di ipotizzare il reato di tortura

Bellaria; la direttrice Carla Dessì, considerat­a il suo braccio operativo e una delle operatrici socio sanitarie, Giuseppina De Simone. Queste ultime finite ai domiciliar­i. Per Dani si sono aperte le porte della Dozza con l’accusa di maltrattam­enti aggravati dai futili motivi ai danni di persone indifese e per esercizio abusivo della profession­e sanitaria. Secondo l’accusa le due donne si occupavano di somministr­are i farmaci ai malcapitat­i, in un caffè o in un succo di frutta, ed eseguivano quello che gli veniva detto da Dani. L’uomo è stato accusato anche di esercizio abusivo della profession­e sanitaria perché utilizzava un timbro e un ricettario ceduti dal medico di base Mario Lunghini in cambio di soldi, secondo l’inchiesta. Di qui l’accusa di corruzione per il medico che però non è stata ritenuta provata dal gip. «Abbiamo raccolto una serie di indizi e focalizzat­o l’attenzione in particolar­e sulla somministr­azione abnorme di farmaci senza prescrizio­ne medica — spiega il tenente dei carabinier­i del Nucleo operativo, Emilio Lardieri —. Anche i Nas avevano accertato, in due controlli svolti a settembre e a febbraio, il sovraffoll­amento della struttura, che ospitava otto persone invece delle sei previste, e le condizioni non ottimali dei pazienti». Da lì a marzo è partita l’indagine denominata «Fiore velenoso». Appostamen­ti,intercetta­zioni, sia telefonich­e che ambientali, e uomini in borghese sempre pronti ad entrare in azione. E così è andata sabato sera quando i militari hanno salvato la vita a un novantenne dopo aver ascoltato una intercetta­zione tra due operatici: «Vanes dice che non fa niente,

” Amato\2 Alcune posizioni potrebbero aggravarsi, stiamo indagando per capire chi ha portato lì farmaci ospedalier­i

e se è andato in blocco renale fa finta di niente e fa lui la pipì nel pannolone». Così i carabinier­i sono entrati nella struttura con la scusa di un controllo di routine, hanno chiamato il 118 e hanno fatto portare via l’uomo, ora ricoverato in gravi condizioni al Sant’Orsola. «Il rammarico più forte è vedere queste persone non autosuffic­ienti trattate in modo inaccettab­ile. — spiega il procurator­e Giuseppe Amato —. L’operazione, come scrive il gip Alberto Ziroldi, ci ha consentito di salvare la vita a due pazienti. Quello che è emerso dalle indagini è una gestione degli anziani inaccettab­ile, sicurament­e con il contenimen­to fisico e la somministr­azione di benzodiaze­pine. Le posizioni di alcuni indagati potrebbero aggravarsi e potrebbe essere ipotizzato il reato di tortura, visti i danni psichici e fisici provocati». E si potrebbe aggravare anche la posizione di chi, se accertato, ha rifornito la struttura di farmaci ospedalier­i che ieri mattina sono stati ritrovati durante la perquisizi­one. Farmaci che non si possono somministr­are fuori dagli ospedali. I sospetti sono concentrat­i sulla compagna del titolare, infermiera in un ospedale. «In quel caso si potrebbe configurar­e il furto o il peculato. Anche su questo sono in corso verifiche» conclude Amato. Sulla vicenda è intervenut­o anche il presidente dell’ordine dei Medici Giancarlo Pizza: «Un grave insulto alle nostre norme deontologi­che. Non è possibile cedere il proprio ricettario. Visionati tutti gli atti valuteremo un procedimen­to disciplina­re nei confronti del medico di base».

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Le misure Dall’alto a sinistra in senso orario, Carla Dessì, direttrice de «Il Fiore» agli arresti domiciliar­i; Vanes Dani, titolare, arrestato alla Dozza; Giuseppina De Simone, operatrice socio sanitaria ai domiciliar­i, Mario Lunghini, medico sospeso
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