La sindaca: «Strutture fuori controllo, servono norme precise»
Dopo i controlli di Nas e Ausl Conti aveva inviato due diffide, l’ultima imponeva la sospensione dell’attività
Una normale dichiarazione d’inizio attività, una Scia in gergo tecnico, come si trattasse di un negozio qualunque e non di una struttura assistenziale che gestisce, dietro pagamento di robuste rette da parte delle famiglie, anziani e disabili non autosufficienti. Tanto è bastato nell’agosto scorso all’ex infermiere Vanes Dani per aprire la casa famiglia “il Fiore” e ospitare almeno otto persone. Del resto in questo campo, sempre più in espansione ma privo di regole, non sono previste autorizzazioni preventive, specializzazioni o particolari professionalità. Strutture che nascono come funghi e proliferano in una zona grigia che sfugge a verifiche approfondite, come sottolinea in una nota la sindaca di San Lazzaro Isabella Conti che pure si era attivata fin dal luglio 2017 chiedendo alla Commissione dell’Ausl di controllare 8 strutture per anziani presenti sul territorio, tra le quali proprio il “Fiore”:
La relazione «Le terapie non sono documentate e aggiornate da parte del medico di riferimento»
«La struttura non è inserita nella rete di servizi pubblici ed è al contrario privata a tutti gli effetti. Dato che stanno continuamente aprendo strutture di questo tipo, ad oggi non regolamentate, questo ennesimo episodio, che apprendiamo con sgomento, deve portarci ad assumere decisioni risolute sulla loro regolamentazione e sull’obbligo dell’ottenimento di specifiche autorizzazioni per il loro funzionamento».
E dire che nella sua breve vita la struttura era già stata oggetto di due diffide da parte del Comune, la prima il 13 settembre scorso, a nemmeno un mese dall’apertura, dopo che pochi giorni prima un controllo dei Nas aveva certificato la presenza di due ospiti in più del previsto «alcuni dei quali in condizioni di dubbia sufficienza». I titolari se la cavarono con una comunicazione nella quale sostenevano di aver riportato la capienza a quella originaria. La seconda diffida del 7 marzo scorso intimava la sospensione dell’attività, come chiesto proprio dall’Ausl che in seguito ai controlli del 12 settembre e del 19 ottobre, aveva verificato la presenza, ancora, di 8 ospiti di cui «tre con patologie pschiatriche e una con un grado severo di non autosufficienza». Nella relazione l’Ausl dava anche atto che «le terapie farmacologiche non risultavano adeguatamente documentate e aggiornate da parte del medico di riferimento» e che non vi era la presenza di uno psichiatra.
Non è chiaro come abbiano replicato i vertici della casa famiglia ma a quel punto l’indagine
La lettera a Barigazzi Il primo cittadino ha chiesto alla Regione leggi che consentano controlli ai Comuni
di Procura e carabinieri era ormai entrata nel vivo con le microspie che restituivano uno scenario sempre più inquietante. Comune e Ausl questo non potevano saperlo ma è un fatto che il 24 aprile la sindaca Conti, preoccupata del proliferare di strutture, scrive al presidente della Conferenza territoriale sanitaria, Giuliano Barigazzi, una lettera nella quale chiede di sollecitare la Regione «all’adozione di un quadro normativo che garantisca ai comuni piena facoltà di controllo e non solo il rispetto di mere prassi burocratico-amministrative».