ANDARE OLTRE IL ‘900
Il sindaco Virginio Merola ha alzato la palla e il neo-ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, ha fatto la prima schiacciata. La partita della tutela dei diritti dei “riders” — i lavoratori che, in moto o bicicletta, consegnano cibo a domicilio per conto di grandi piattaforme digitali — continua. Ancora una volta Bologna ha dimostrato di essere sensibile alla qualità dell’occupazione. Un’attenzione che peraltro è nel Dna delle imprese, prima ancora che di larga parte del mondo politico, perciò non ha stupito che qui fosse siglata una «carta dei diritti» dei riders all’avanguardia in Europa. Un passo lodevole, ancorché sia stato sottoscritto soltanto da due società minori, che ha suscitato l’interesse del nuovo governo. I colossi del settore, d’altronde, evitando di impegnarsi con Palazzo d’Accursio, avevano dato la loro disponibilità a trattare per un’intesa che avesse valore nazionale. Affinché la battaglia abbia risultati positivi per tutte le parti in causa, tuttavia, occorre uscire dalle categorie del Novecento. Pietro Ichino, giuslavorista ed ex parlamentare, ricorda quanto era accaduto anni fa a Milano, quando un analogo problema si era presentato con i «pony express»: convocati in massa per discutere della prospettiva di avere un vero contratto di lavoro, ben due terzi di loro rifiutarono una simile ipotesi, poiché non avevano alcuna intenzione di farsi ingabbiare in orari di lavoro e impegni fissi.
Èvero, i tempi sono cambiati, però ancora oggi è difficile capire quanti sposino la «gig economy» (l’economia dei lavoretti) per una scelta di libertà e quanti invece la subiscano per mancanza di alternative. Secondo un’indagine di Paolo Naticchioni dell’Università Roma Tre, in Italia ci sono 150.000 persone che lavorano principalmente come freelance e si arriva a 695.000 considerando quanti arrotondano il loro stipendio con un altro lavoro nel fine settimana. Sia come sia (secondo altre stime i «gig workers» sarebbero un milione), nessuno vuole rischiare la vita, come è accaduto lo scorso inverno nella nostra città, viaggiando su due ruote sotto la neve.
Il sindaco Merola ha invitato i consumatori a boicottare le piattaforme che non hanno firmato la carta dei diritti. L’appello all’etica è giusto: deve crescere la consapevolezza che spesso il low cost ha un prezzo e non di rado alla lunga si rivela un boomerang. Se si accetta la logica degli standard al ribasso, il rischio è di finire prima o poi in quella stessa rete. Non a caso la Ig Metal, il sindacato dei metalmeccanici tedeschi, ha una costola che tutela gratuitamente i lavoratori della gig economy: tra i motivi c’è anche di evitare che le basse tutele diventino una prassi per tutti. Bologna dopo il primo importante passo, deve farne un altro, coinvolgendo oltre ai sindacati anche il mondo imprenditoriale e universitario per studiare modelli innovativi che riescano a coniugare le varie esigenze moderne. Uber, al riguardo, ha fatto molti progressi rispetto ai suoi esordi e potrebbe essere un caso di studio da cui partire.