«Una piccola vittoria, però nessuno ce la ridarà»
La zia: abbiamo vinto, ma questo non ce la ridarà indietro
” Questo risarcimento vuol dire tanto: Los Angeles ha riconosciuto le proprie responsabilità
” Ora è giusto che vengano messi i dissuasori mobili in quel tratto di strada
C’era anche lei la mattina del 7 agosto all’aeroporto Marconi ad attendere la salma della nipote, assieme ai genitori di Alice. Da allora è stata lei, Katia Gruppioni, a volare tutte le volte fino a Los Angeles per seguire le battaglie legali affinché quella ragazza di 32 anni, che era con suo marito a Venice Beach per festeggiare la luna di miele, potesse avere la giustizia che meritava. C’era la mattina della prima sentenza, quando è stato condannato a 42 anni di carcere l’uomo che ha travolto e ucciso Alice, Nathan Louis Campbell. Katia era spalla a spalla con Christian, il marito della 32enne bolognese. Ed è a lei che ieri la famiglia Gruppioni ha affidato il compito di raccontare quello che in queste ore a Pianoro stanno vivendo.
«Nessuno ci ridarà Alice. Neanche questa piccola vittoria — dice Katia Gruppioni — se così vogliamo definirla. Ma questo risarcimento per noi vuol dire tanto: la municipalità di Los Angeles ha riconosciuto le proprie responsabilità». Un risultato non semplice, perché la città e la contea avevano tentato in tutti i modi attraverso i loro legali di respingere ogni tipo di accusa. «Quello che è successo a mia nipote non deve succedere a nessun altro. Ora è giusto che vengano messi i dissuasori mobili in quel tratto di strada. Quella passeggiata è pedonale, mi auguro che nessuno si debba trovare a vivere una tragedia come la nostra». Sono trascorsi cinque anni e la municipalità di Los Angeles dovrà risarcire la famiglia di Alice, che negli anni ha messo in campo risorse per diverse iniziative in memoria della 32enne, l’ultima volta ha donato un’incubatrice al Sant’Orsola. Inoltre, dove Alice è morta, sarà posta una targa, in sua memoria: anche questo è stato deciso dalla municipalità, insieme al risarcimento. «È bello che venga ricordata anche lì, sull’ultima terra che ha toccato. È una piccolissima soddisfazione, ma comunque è importante», conclude Katia. «Siamo contenti che la città abbia riconosciuto una perdita inimmaginabile alla famiglia e abbia fatto passi in avanti per rendere più sicuro un luogo visitato ogni anno da milioni di persone», ha detto ai media statunitensi Gregory Bentley, l’avvocato che ha rappresentato i Gruppioni e Christian nella causa in California, parlando di un «giorno agrodolce» per i suoi assistiti.
Non hanno voluto dir nulla, chiusi nel dolore i genitori e il marito di Alice. La giovane era figlia di Valerio Gruppioni, noto imprenditore ed ex membro del gruppo dirigenziale dei rossoblù negli anni Novanta. Anche lui, più volte in passato, aveva sottolineato come in quel punto dove è stata travolta e uccisa sua figlia «non c’erano fittoni, non c’era la sicurezza minima che un’amministrazione deve garantire per i suoi cittadini e per le tante persone che vanno negli Stati Uniti». Quel giorno Alice morì, altre 16 persone rimasero investite.