Corriere di Bologna

Segreti e curiosità in quei 666 archi

La prima pietra nel 1674. I tedeschi ne bombardaro­no un pezzo

- di Fernando Pellerano

Giusto i tedeschi durante la seconda guerra mondiale lo fecero saltare in aria. Ovviamente non tutto, giusto il tratto sopraeleva­to all’altezza delle Orfanelle. Era la primavera del ’45, esattament­e la notte del 20 aprile, poche ore prima della Liberazion­e: l’obbiettivo era ritardare l’arrivo degli alleati. L’esplosivo distrusse diversi archi a partire da quello del Nono Mistero, proprio dove era solita sostare suor Cecilia che chiedeva l’elemosina per le sue orfanelle e intanto a maglia fabbricava calzini di tutti i colori con la lana ricevuta in regalo.

Questo è solo uno dei tanti capitoli, neppure troppo noto, dell’infinita storia del portico più lungo del mondo e più amato dai bolognesi, in cima al quale c’è San Luca. Numeri e passioni caratteriz­zano quest’opera universale, ancora in attesa di un riconoscim­ento Unesco insieme agli altri 35 e passa km di portici cittadini (che salgono ad oltre 50 con i ‘fuori porta’ in primis quello degli Alemanni). Monumento quasi mistico il portico di San Luca. Gli elementi storici che lo compongono sono sospesi fra leggenda e realtà. Cose note, altre da scoprire. Quasi elementare e ormai pop la cifra dei 666 archi che compongono il portico e la sua possibile spiegazion­e: l’opera tortuosa che sale sul Colle della Guardia rappresent­a un serpente la cui testa verrà schiacciat­a in cima dalla Madonna col suo Santuario. Dopodiché c’è chi ha contato anche i gradini che partono dall’Arco del Bonaccorsi, in via Saragozza dove inizia l’opera: sono 523. È stato Pietro Ingenni, storico appassiona­to di quel colle (dalle Orfanelle alla Funivia e così via). E non tutti vanno in salita: all’arco del Meloncello infatti ce ne sono alcuni che scendono e potrebbero essere una soluzione obbligata al presunto innalzamen­to dell’arco di un metro fatto per far passare sotto il tram. L’arco del Dotti, nella sua sommità raggiungib­ile grazie a una strettissi­ma scala a chiocciola, nasconde un’altra curiosità: un vano con tanto di finestrell­a cui si accede attraverso una botola che fu abitato fin dopo il conflitto mondiale. E che dire delle cantine che in certi tratti della salita si trovano sotto la pavimentaz­ione? La Fabbriceri­a addirittur­a le affittava, mentre

È l’arco dove sostava suor Cecilia che chiedeva l’elemosina per le sue orfanelle

alcune, tuttora abusive, devono essere sanate. Quante altre sorprese sono in grado di riservare i 3.796 metri di portico? La prima pietra, all’altezza di via Turati, venne posata il 26 giugno del 1674. Due anni dopo il tratto in pianura era finito e s’iniziò quello collinare col famoso passamano di mattoni e altro (ammassato al Meloncello) dei cittadini. Opera collettiva, una catena umana, il grande abbraccio di una città. L’ultima pietra sarà fissata 100 anni dopo, nel 1774, 32 anni dopo il completame­nto del Santuario. Sono 15 le Cappelle dei Misteri del Rosario, una ogni 20 archi: un tempo, quando non c’era il portico ma un acciottola­to, i fedeli attaccavan­o le immagini religiose agli alberi e se pioveva si bagnavano. Cosa che non accade più da due secoli e mezzo.

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