La festa dei 290 ricercatori «Ma poi non c’è lavoro»
Tradizionale cerimonia per 290. E due storie: «Pronto all’estero», «Quella è l’ultima spiaggia»
«Curiosità, apertura mentale e bisogno di scambiare la propria visione con quella degli altri. Solo da una cultura permeata da attenzioni come queste potranno nascere i cambiamenti nella società dei prossimi decenni». Caratteristiche che il rettore Francesco Ubertini ravvisa nei volti dei 290 dottori di ricerca dell’Alma Mater seduti di fronte a lui durante l’annuale cerimonia di proclamazione che si è svolta ieri nell’aula magna di Santa Lucia alla presenza della vicesindaco Marilena Pillati. Anche l’assessore si è concentrata sul domani di questi ragazzi. «Hanno contribuito a fare di Bologna la città del dialogo e dell’incontro. Ognuno di voi — ha proseguito Pillati — si senta per tutta la vita orgogliosamente bolognese perché qui ha portato il seme del suo futuro».
Un futuro che per qualcuno è meno roseo di altri e che si tradurrà nell’abbandono dell’Italia. Un discorso che non vale più soltanto per chi ha scelto i percorsi umanistici. Guido Checchi, 34 anni un dottorato in arti visive, indirizzo storia dell’arte è tra coloro che ha già pronte le application all’estero. «So già che qui in Italia non c’è alcuna possibilità. Non ci sono fondi e la storia dell’arte e i beni culturali sono viste come una cosa superflua e sono più considerate all’estero». Nel frattempo Checchi ha fatto numerosi lavoretti per poter continuare a studiare. «Adesso faccio il guardiano notturno, la paga è di 4 euro e 50 l’ora, poi ho fatto un part-time in un supermercato e saltuariamente faccio la guida museale a chiamata e il copywriter». Per una questione di lingua Checchi guarderà a paesi come la Gran Bretagna, l’Irlanda e gli Stati Uniti: «Non miro alla carriera accademica ma a fare ricerca per fare più pubblicazioni possibili che possono valere nei concorsi pubblici. Quando uscirà un concorso per la soprintendenza o i musei comunali ci proverò sapendo che poi è molto difficile entrare», spiega il dottore di ricerca.
Nella schiera dei dottori di ricerca in ambito scientifico incontriamo Assunta De Nisi, 31 anni, un phd in chimica ma lo stesso problema di accesso al mondo del lavoro. «Essendo dottori abbiamo una preparazione molto specifica e di alto livello e le aziende che in Italia fanno ricerca sono pochissime, di conseguenza i posti sono pochi e molto specifici: l’occasione che è una su 100». Dopo aver mandato il curriculum in tutta Italia da gennaio ad oggi De Nisi è stata chiamata per un solo colloquio. «Per ora continuo con un assegno di ricerca in Università. L’estero è l’ultima spiaggia, perché per me ha un valore importante essere in un posto dove mi piace stare».